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Estronzoverso

E’ un peccato non poter tornare indietro nel tempo e andare in giro a dire AVEVO RAGIONE IO, quando da adulti si confermano le strane idee che si avevano da bambini. Ad esempio, io da piccolo quando sentivo dire che qualcuno era estroverso, pensavo fosse una parolaccia, un insulto. Ogni volta che c’era una persona fastidiosa, qualcuno che avrei volentieri abbattuto a colpi di Topolino, mia nonna o i miei genitori mi dicevano che quella persona era Stroversa. E nella mia testa quella parola suonava come qualcosa di orrendo, forse perchè aveva molte lettere in comune con stronzo, sicuramente perché trovavo il comportamento di quella persona insopportabile. Eppure in teoria, a leggere la definizione nel dizionario, sembra perfino una cosa positiva: è la tendenza ad orientarsi verso il mondo esterno più che verso il proprio intimo. Ma ancora oggi, quando trovo qualcuno che mi sta sulle palle e non so nemmeno spiegare precisamente perché, salta fuori qualcun altro che mi dice che quella è una persona estroversa. A mia volta, quando voglio insultare qualcuno senza che si capisca troppo, dico che è una persona estroversa. E allora orientatevi verso il mondo esterno, cari amici estroversi, e andate anche oltre: oltre la stratosfera, la mesosfera, l’atmosfera, oltre la galassia, oltre l’universo, comunque lontano da me.

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TOP TEN Giugno/Luglio 2012

1) OTZIADAS FRITTE
2) OTZIADAS FRITTE
3) OTZIADAS FRITTE
4) OTZIADAS FRITTE
5) OTZIADAS FRITTE
6) OTZIADAS FRITTE
7) OTZIADAS FRITTE
8) OTZIADAS FRITTE
9) Spaghetti con otziadas
10) Pizza bianca con otziadas e bottarga

Classifica precedente: Maggio/Giugno

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Ancora

No ma intervistate Margherita Hack ogni tanto, secondo me non la intervistate abbastanza.

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Il nuovo sardo

Il nuovo sardo su twitter si definisce interaction designer e social media editor, ha molti amici giornalisti e uno o due che parlano il sardo perché fa chic, comunque tutti suonano in almeno un gruppo, si muove in bici perché è contro l’inquinamento ma prende almeno 18 aerei all’anno perché è un fan di ryanair, partecipa a corsi di marketing culturale, dice che non lascia l’isola perché ama la sua terra e non perché se partisse dovrebbe vendere l’iphone e fare il lavapiatti nella periferia di Frankfurt, partecipa alle pizzate del gruppo degli instagrammers sardi, unisce atteggiamenti indipendentisti e di antagonismo con settarismo e consumismo spinto, ha almeno un amica spagnola e sicuramente un amico sardo che si chiama Frantziscu.

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Oh com’è bello guidare i cavalli, e trottare per strade e per calli



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Minoranza sempre

La lista che ho votato ha preso l’1,36% e il singolo candidato che ho votato 18 voti in tutto. Ed è andata bene. Dico un’altra cosa che non c’entra niente, perchè questo è internet: ho scoperto oggi che ASICS vuol dire Anima Sana In Corpore Sano e che in giapponese si chiama ashikkusu, che in sardo vuol dire spavento. Per il resto, come al solito sono indeciso tra creare e distruggere.

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La casa è fresca e vuota

In giardino oggi c’erano più farfalle del solito. Si comportavano in modo strano, volteggiavano basse e si fermavano a terra. Non so come crepano le farfalle, non me lo sono mai chiesto, ma in quel momento non c’è voluto molto a convincermi che stessero morendo, anche se ho pensato “dopo cerco su Google”. Ogni volta che un animale si comporta in modo leggermente anomalo penso subito che sta morendo o che sta per morire. L’ultima volta che ho pensato così un animale è effettivamente morto, quindi ho ragione per sempre. Fuori c’è quella luce bianco-grigia forte e fastidiosa e una opprimente afa di scirocco. Sulla strada di campagna che faccio ogni giorno trovo un topo morto. Poco più avanti ne trovo un altro. In aria ci sono mosche e farfalle che volano lente e basse e si fermano spesso a terra. Prima di abbandonarmi definitivamente ai pensieri oscuri quotidiani cerco di restare razionale e prendo in considerazione altre ipotesi. Forse non stanno morendo. Ad esempio potrebbe essere colpa del vento. Ma anche in altre giornate ventose non ho mai visto le farfalle comportarsi così. E poi i due topi morti in pochi metri sballano le mie statistiche. Quindi mi accorgo che non ho incontrato nessuno, nessun vecchio, nessun contadino, nessuna macchina di passaggio, nessun rumore. Mi accorgo anche che da più di 12 ore non parlo con un essere umano. E’ un po’ come andare sul set di un film quando non stanno girando o in un centro commerciale quando è chiuso. Si prova una strana sensazione, come qualcosa di molto sbagliato. E allora, trovandomi così scollegato dalla realtà, o forse immerso nel suo nocciolo più autentico, collego tutto, i topi morti, le farfalle, il silenzio, il vento caldo, la luce bianco-grigia, l’assenza di esseri umani, e mi lascio andare a considerazioni che qui non possono essere espresse. Dire così è una mossa un po’ Lovecraft, che scriveva sempre di orrori indescrivibili appunto senza doverli descrivere. Si tratta di sensazioni molto semplici, come l’inutilità di tutto, o la sete, ma che per essere descritte richiedono molta fatica, perché bisogna fare esempi, complicare leggermente i pensieri, usare immagini accattivanti e rendere tutto raccontabile, a misura di idioti, perché i pensieri semplici non attraggono e ciò che non attrae è inutile. Banale, dicono sempre, anche se io capisco sempre banane. Eppure a me piacciono quei pensieri densi, molto semplici, di uno che scrive solo Ho sete o Voglio morire e tu capisci che è vero. Torno a casa e non incontro nessuno, anche se sento la vicina passare l’aspirapolvere. Ma forse anche lei è morta e l’aspirapolvere gira impazzito nella sua camera da letto.

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Drones: The Movie

Affascinante questa storia dei droni americani. In pratica stanno devastando interi territori, uccidono gente qualunque, anche bambini, e terrorizzano le popolazioni. Possiamo dire che gli americani, dopo il tentativo fallito di Bush di esportare la democrazia, sono riusciti a esportare il terrore che provavano qualche anno fa, dopo gli attentati, ma in scala maggiore. La loro paura, la loro paranoia post-11 settembre è stata trasferita da New York a posti lontani come lo Yemen, la Somalia e il Waziristan*. Mentre gli americani iniziavano a sentirsi più sicuri, altrove iniziavano a vivere nel terrore, e a oggi le vittime civili** delle azioni americane potrebbero essere più o meno il doppio delle vittime dell’11 settembre. Il cielo è diventato pericoloso, il nemico è silenzioso, invisibile e uccide dall’alto. Emette solo un ronzio. Pare che i droni infatti emettano un suono simile a quello del calabrone. A me già fanno cagare sotto i calabroni, perché dal suono si capisce che sono grossi, figuriamoci un drone. Direi che c’è abbastanza materiale per un bell’horror metaforico con messaggio politico. Chi lo fa? Ho immaginato un film di fantascienza horror un po’ in stile anni 50, con giganteschi calabroni che arrivano dal cielo e uccidono centinaia di persone nei villaggi. Anzi forse sarebbe ancora più interessante così: i calabroni giganti iniziano a tormentare piccoli centri di uno stato americano, di quelli con i WASP (che in inglese vuol dire anche vespa, quindi perfetto) super patriottici che non digeriscono un negro alla casa bianca ma che lo sopportano finchè fa il culo ai terroristi. Quando una notte vengono improvvisamente attaccati da questi misteriosi calabroni giganti i WASP si difendono come possono, a colpi di fucile e barili di benzina (molte scene notturne), ma quasi subito arrivano gli uomini vestiti di nero della cia/nsa/fbi/wwf/ecc e lo spettatore accorto capisce che potrebbe trattarsi del solito esperimento governativo sfuggito al loro controllo. La cosa in realtà è ancora più complicata: i terroristi che hanno scatenato i calabroni contro gli americani sono effettivamente arabi, ma i calabroni sono americani. I terroristi erano riusciti a catturare uno di questi mostri che gli americani utilizzavano contro di loro (come è capitato realmente con il drone RQ-170 caduto in territorio iraniano) e a clonarne un intero sciame. Quindi i cittadini americani – solo alcuni dei protagonisti del film, gli altri o muoiono o restano fedeli ai loro ideali fino alla fine – capiscono che il terrore della morte e della distruzione era lo stesso che provavano gli arabi che subivano gli attacchi americani. Empatia, dubbi nella mente dello spettatore. Qui ci metterei qualche primo piano al rallenty di un bambino che piange e poi esplode, o qualcosa del genere, e poi una canzone triste nel finale.

*E si torna a imparare la geografia grazie ai bombardamenti americani: chi aveva mai sentito parlare del Waziristan? La mia cultura geografica è cresciuta così: grazie alle azioni militari degli americani, fin da piccolo, quando conservavo gli articoli sulla prima guerra del Golfo e poi andavo a cercare sull’atlante i luoghi dei bombardamenti.
**Una delle mosse geniali dell’amministrazione di Obama è stata rivedere lo status di “civili”: NON lo sono tutti i maschi in età militare che si trovano fisicamente vicini ai gruppi di guerriglieri, perché se sei lì ci sarà un motivo no?, e il risultato ovviamente è stato che secondo i dati ufficiali le morti civili diminuiscono e gli attacchi dei drone appaiono precisi, efficaci, puliti, tanto che Obama – che vaglia personalmente la lista degli “obiettivi” nella “kill list” – se ne vanta tranquillamente, anche se ogni tanto può capitare di colpire perfino i soccorritori di un primo attacco o addirittura i partecipanti di un funerale (fonte). Un’altra delle mosse geniali, ma questa in realtà forse viene dall’amministrazione precedente, non lo so, è stata quella di affidare gli attacchi con i droni alla CIA, che ovviamente, trattandosi di un’agenzia di spionaggio, non è esattamente trasparente sui dati delle azioni militari segrete. Questo è il motivo per cui possiamo sparare tutti i numeri che vogliamo senza sapere esattamente se sono giusti o no. Ma, per i motivi spiegati sopra, concentrarsi sui numeri in questo caso può essere fuorviante, dato che anche i numeri, anzi soprattutto i numeri, possono essere facilmente manipolati o diversamente “interpretati”. Almeno in questo caso, la verità non è nei numeri.
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Fridge

Non ho capito tutto quello che dicono, ma non è importante: un bellissimo corto di Peter Mullan.

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Tradotto non rende

A volte vorrei sapere l’armeno, così da poter dire alla gente “questo libro è un capolavoro, ma lo devi leggere solo in lingua originale perché tradotto non rende”.

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Cowboys & Indians

Diceva Herzog che il paese più esotico del mondo sono gli USA.

Ne ho avuto conferma sfogliando un meraviglioso giornale che mi ha segnalato Davide.

Si chiama Cowboys & Indians e, oltre ad avere articoli molto interessanti (soprattutto sui cavalli e gli stivali), ospita diverse deliziose pubblicità.

Ad esempio sui mobili..

Giacche-accappatoi (o qualcosa di simile) per cowgirl “orgogliosamente realizzati negli usa”

Stivali

Ancora stivali

MOLTI stivali

La pubblicità del metodo di Clinton Anderson, super istruttore di cavalli

Pubblicità (con cavalli) che ci ricordano che quello del grafico è un mestiere difficile

Sobri barbecue che non avrebbero sfigurato nella tenuta di Joooohn Waaaayne

Gente sorridente con cappelli da cowboy e quadri di cavalli che sembrano appena usciti dagli studi di Telemarket

HIPSTER COWGIRL

Exquisite idee di arredamento in stile texano

Cavalli e ancora cavalli (ce ne sono tanti)

Mobili (idem)

Macchine per uccidere gli zombie in caso di apocalisse

Stupendo articolo sui cavalli di Elvis

Il dottor Miller

Pubblicità che ci ricorda quali sono le vere priorità per una vita all’insegna della felicità

Utili guide su come gestire gli incendi controllati

Pixel-art indiana

Photo-contest del giornale, e ho il vago sospetto che le foto di cavalli siano le benvenute

L’orologio che qualcuno dovrà obbligatoriamente regalarmi per natale

L’angolo del cowboy con Red Steagall, il poeta-cowboy ufficiale del Texas

Fermalibri (con UN libro) che renderanno il vostro salotto unico e originale e faranno innamorare le donne che inviterete a cena per un barbecue

Pubblicità che mi fanno provare invidia per i copywriter americani

Coppie felici che sorridono assieme a cavalli inespressivi

Kevin Costner.

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TOP TEN Maggio/Giugno 2012

TOP TEN Maggio/Giugno 2012

1) Burrida
2) Fave lesse
3) Pasta con favette, pecorino e pepe nero
4) Murena fritta
5) Spaghetti ricci e bottarga (siempre)
6) Cardi sottolio
7) Fiori di zucca fritti
8) Spaghetti fichi, fiori di zucca e bottarga
9) Gazpacho
10) Casizolu a tutte le ore

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Complottismi

Comunque questa insistenza di molti su “chi c’è dietro Grillo” è un comportamento molto simile, diciamo speculare, a quello dei paranoici complottisti che si chiedono chi c’è dietro Monti, chi c’è dietro il terremoto, chi c’è dietro la cassiera del supermercato, ecc. Come se “dietro” i giornali non ci fossero uffici marketing, come se fosse possibile che un comico 60enne gestisse da solo un blog con milioni di accessi. Quando poi insistono sui capelli lunghi del collaboratore di Grillo, e lo fanno spesso e volentieri, passano dal sospetto del complottista alla semplice paranoia da zia, quella che dice ecco chi c’è dietro, ci sono i capelloni, te lo dico io.

Mah.

Ora e sempre Beppe Pisanu.

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Attenzione pericolo

Questa la potrei mettere nella carta d’identità.

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Sta succedendo. Di nuovo

Sì, odio anche io i punti nei titoli, fanno molto settimanale allegato al popolare quotidiano. E di questo vi chiedo. Scusa.

Ma cos’è che sta succedendo? Quello che è successo qualche anno fa, quando si è diffuso l’Uaar anche tra gli scemi e veniva voglia di andare ad abbracciare i testimoni di Geova e dirgli ma parlatemi un po’ di questa bibbia perché sembra una figata pazzesca, davvero.

Ora sta succedendo con gli anticasta o grillini o altri di quella razza. Di colpo mi viene una fortissima voglia di partiti, di commissioni, di consigli. Voglia di politica, ma quella vera, con la p minuscola.

La verità è che mi manca Beppe Pisanu.

Beppe, dove sei?

Come la fermiamo questa gente, Beppe, così poi possiamo tornare a combattere tra noi? Questi non mi piacciono, Beppe. Sembra sempre che abbiano appena visto Report o Striscia la notizia. O le Iene.

Ma poi è anche un fatto di linguaggio. Non mi piace come parlano.

E qua ci sta bene una dissolvenza che ci introduce alla rievocazione di un ricordo di gioventù (pochi anni fa ma sembrano secoli)…

Dunque.

Anni fa mi capitò una coinquilina olandese che aveva deciso di imparare l’italiano. Nel corso che seguiva le avevano consigliato di leggere ogni giorno il giornale e di farsi aiutare da qualcuno del posto per le espressioni che non riusciva a tradurre.

Io corrispondevo alla descrizione: ero uno del posto, e soprattutto non avevo mai un cazzo da fare. Quindi mi offrii volontario e per qualche tempo passammo mezz’ora al giorno a leggere insieme il giornale.

Risultato: ogni due righe dovevo fermarmi a riflettere perché le espressioni che avrei dovuto tradurre e spiegare non le capivo nemmeno io.

A parte la resa dei conti, i piedi di piombo, il braccio di ferro e i vari è giallo, è caos, è bufera, ogni tanto apparivano espressioni criptiche che facevano pensare più a messaggi in codice che a fatti e situazioni reali. Cose tipo le anatre zoppe che traccheggiano nel campo di Agramante.

Ai tempi della Prima Repubblica il politichese partoriva freddi ma evocativi paradossi di ispirazione euclidea, come nel caso delle celebri “convergenze parallele” di Aldo Moro, in seguito, come molte belle citazioni, più volte smentita e relegata a semplice leggenda metropolitana.

Ma poi Moro è morto (o almeno così ci hanno detto, tra l’altro ucciso da persone che in quanto a oscurità di linguaggio non scherzavano) e ora anche Andreotti non si sente molto bene, per cui quei livelli di grigia astrattezza democristiana si toccano sempre più raramente.

Mi viene in mente giusto Casini (oltre a te, Beppe) mentre gli altri sono un mix di allusioni sportive, slogan aziendali e Frate Indovino.

Questi grillini poi sono un po’ uomo della strada e un po’ metafore agresti criptofasciste e a volte nemmeno così cripto (l’aratro che semina, ecc.).

La verità è questa: la geometria è una delle grandi assenze nella politica italiana.

Eppure quella delle convergenze parallele resta un’espressione bellissima che sarebbe perfetta come titolo di un romanzo, uno di quelli che alludono a cose scientifiche come Le particelle elementari o La solitudine dei numeri primi o L’orizzonte degli eventi.

Quel genere di titoli che affascinano soprattutto il lettore di formazione umanistica, che per una volta crede di capire qualcosa di scientifico complicato eppure profondo: “Le convergenze parallele”, Einaudi Stile Libero 2012, il libro che farà battere il vostro cuore e ragionare il vostro cervello – e viceversa!

E poi ci facciamo anche il film, Beppe.