mentre in televisione si parlava dei rave, al c2c noi adepti della musica alta ci facevamo spettinare dalle frequenze basse e rifiutavamo più volte offerte di sostanze stupefacenti, il tutto in un evento sponsorizzato da banche, regione piemonte, juventus, comune di torino, l’eni, ministero della cultura, fondazioni varie, volvo, eataly, e circondati da millemila carabinieri. quindi questo va bene, non è un rave.
ok, questo è l’aggancio con l’attualità, ma quello che vorrei raccontare in 5 minuti, se ci riesco (spoiler: non ci riuscirò), è che finalmente ho visto gli autechre. cioè, li avevo già visti milioni di volte, nel buio dei miei live solitari con le cuffie, in solitudine mistica, in cameretta, a letto, in treno, durante passeggiate nei boschi, ma mai avevo condiviso l’esperienza con altre persone. e poi dire di aver “visto” gli autechre non ha molto senso, per i motivi che tra poco spiego.
rifiuto una struttura lineare, butto giù ricordi sparsi:
– la ragazza che da sola aspettava ai cancelli d’ingresso, con le cuffie in testa, alla quale mi sono rivolto perché non riuscivo a capire come accidenti si attivava il qr code per entrare (una volta si entrava ai festival con dei pezzi di carta, ora è una cosa da hacker e devi scaricare 14 app), e chiedendole aiuto, prima mi ha fissato come se fossi uno strano rettile, poi mi ha detto che il suo qr code funzionava, e io, nonostante percepissi il fastidio che provava nell’essere coinvolta in questo scambio imprevisto, le ho fatto notare che erano in ritardo sull’ingresso, e lei ha commentato “tanto io sono qua solo per gli autechre”, rimettendosi poi le cuffie sulle orecchie e portando lo sguardo altrove. ciao amica, è stato un piacere anche per me!
– i soliti mega controlli con perquisizione dello zaino perché è vietato portare tutto, compresi acqua e cibo (per l’acqua bisognava attivare un’altra app, a pagamento, bucare il sito della nasa e ricaricare un braccialetto elettronico da usare per comprare una bottiglietta d’acqua da 2 euro), ovviamente passati sia con acqua sia con cibo nascosti nello zaino alla grandissima: ho pagato il biglietto, non avrete altri soldi da me.
– se il festival era cashless, per i motivi appena spiegati, i contanti servivano invece per i numerosi professionisti della vendita di sostanze: per ben quattro volte mi è stato offerta della ketam. e per ben quattro volte ho detto di no, anche se alla quarta ero in dubbio, ma poi comunque ero cashless, che ora è ufficialmente diventato il mio nuovo modo per dire che non ho soldi.
– a proposito di questo, a un certo punto durante il concerto degli autechre ho chiuso gli occhi nel tentativo di sentire e basta, ed è arrivata subito una ragazza che all’orecchio mi ha sussurrato le dolci parole: “paste, keta?”. LOL pure ora? e lasciatemi pregare in pace. comunque, amica commerciante, nessuna delle tue sostanze può superare questa musica, quindi sorry (e poi ero cashless)
– cosa che mi ha fatto ridere e che può far ridere solo altri nerd degli autechre: era pieno di gente con giacche north face, che è davvero come andare a un concerto con la maglia della band.
– professionismo puro: alle 20.30 un tizio con una torcia ha portato due figure invisibili alla loro postazione al centro del palco, in un enorme capannone del lingotto. non si vedeva nulla. non ai livelli dell’ormai leggendario concerto al barbican (con la “total darkness”, così dicevano le indicazioni date agli spettatori) e le persone sedute, ma quasi. nessuna luce di nessun tipo, ma, essendo io a 10 metri dalla postazione, per un attimo ho visto illuminata per sbaglio dalla torcia mezza faccia di uno dei due autechre. mi è apparsa mezza madonna. da lì in poi, il buio, il vuoto, ovvero il vuoto che può comprendere tutto, come l’enso dello zen.
– ovviamente, un po’ come per un trip, è difficile verbalizzare ciò che ho provato, e non ho nemmeno tanto tempo. è stato bello. non ero nella posizione giusta, troppo vicino per sentire alla perfezione, ma lo sapevo: mi piaceva essere vicino alla postazione ed essere immerso nel punto più buio del capannone. è ovvio comunque che la direzione degli AE, ormai da molti anni, è quella indicata da xenakis varie volte e in particolare ricordo in un’intervista con berio: togliere il senso della vista, l’ascolto dal vivo totalmente al buio. e, guarda un po’, quando in un forum citavano dei loro riferimenti, i due AE facevano anche il nome del greco con la x. quindi buio buione (quasi) in total darkness.
– sessanta minuti esatti senza sosta. inizio con dei suoni indecifrabili e molto forti, o almeno a me sembravano molto forti: poi sono partite le frequenze basse e i miei capelli sono letteralmente andati all’indietro per lo spostamento dell’aria, mentre la bottiglietta di plastica entrata clandestinamente (tra l’altro smeraldina, proveniente dalla sardegna) ha iniziato a vibrare come se volesse scappare via. mi son detto “ah, ecco”. da lì una colata lavica che trasportava nel magma strutture architettoniche impossibili che a valanga si costruivano e decostruivano e si scioglievano, creando una bolla nera intorno alla mia testa senza tregua, fino alla fine, esattamente dopo sessanta minuti, alle 21.30. di nuovo la torcia che li viene a prendere, i due che spariscono mentre la gente urlava UUUUUUU e applaudiva al nulla, come se non fossero mai stati là. sempre per parafrasare xenakis feat franco califano “la musica è avvenuta, gli amici se ne vanno”. questa la fine.
– durante: le persone che cercavano di ballare. non è vero che non si possono ballare gli autechre, è solo molto difficile. forse ha ragione chi ha detto che sì, si possono ballare, ma non con i nostri corpi umani. siamo troppo limitati. non solo nei movimenti: bisognerebbe poter cambiare forma, colore, forse è musica per dei polpi cyborg. allo stesso tempo: le persone che cercavano di fare foto e video. tutti schermi neri, foto nere, video neri.
– per i nerd: come sempre negli ultimi anni e com’era prevedibile vista la natura impro dei loro live (che, sommati, secondo me sono più belli dei dischi) sono stati 60 minuti molto più vicini alle nts sessions che agli ultimi due album: forse giusto qualcosa dei suoni e delle atmosfere di plus e sign all’inizio.
– a margine: piaciuta sara berts, continuo a non capire molto i caribou, non male i 72-hour post fight, elena colombi boh, diciamo “divertente”, e poi mmmm altra gente che non ricordo, ah no, blackhaine, mi pare fosse lui, ha regalato un momento molto bello di noise, non apprezzato da tutti, ma io lo capisco, con amplificatori così non puoi resistere alla tentazione di girare la manopola tutta da una parte e per 3 minuti sfondare le orecchie al pubblico: ha fatto bene, l’avrei fatto pure io. e poi rispetto per jeff mills, che è riuscito perfino a farmi ballare. non sono rimasto per jamie xx perché non mi entusiasma troppo e invece purtroppo mi sono perso un’altra leggenda (dopo jeff mills) come kode9 perché comunque a un certo punto dovevo guidare per tornarmene nei boschi e insomma me ne sono andato.
– flashback: nelle prime ore del festival mi sono aggregato a un ragazzo con cui ho fatto amicizia, si è presentato come “procione ipnotico” non so il suo vero nome, tipo veramente in gamba, profondo, con una storia personale molto interessante e soprattutto molto preparato sulla musica che a entrambi piace. a un certo punto ha fatto un riferimento temporale a qualcosa, non ricordo cosa, e gli ho chiesto “aspetta: ma tu quanti anni hai?”. e lui: “17”. mio attimo di silenzio. poi: “ma, ma… tu sai quanti anni ho io?? 38 porco2! a me sembravi più grande!”. e lui: “e tu a me sembravi più giovane!”. insomma sono andato a un festival con mio figlio senza saperlo, ma tu pensa.
– boh mi sa che non ho altro da dire. ah, quasi arrivato a casa stavo per investire una lepre.
(nella foto: un momento del concerto degli autechre)