Your s’e)(ual well-being and power
music is my girlfriend 2007
va apprezzato lo sforzo di memoria e i 5 minuti 5 passati a mettere i link… ma che volete, è sabato sera, dopotutto. e star trek non è ancora iniziato.
i migliori e/o più sentiti:
the field, devastations, panda bear, liars, radiohead, jacob golden, vic chesnutt, boys noize, odawas, burial, beastie boys, supermayer, wu-tang clan, the good the bad & the queen, destroy0r.
disco dell’anno per me:
shout out out out out
(qui è dove mi sono cagato il cazzo di mettere i link)
piaciuti abbastanza:
simian mobile disco, animal collective, david guetta, amy winehouse, band of horses, hrsta, anaal nathrakh.
fuori classifica:
motorhead.
megadelusioni:
qotsa, arcade fire, two gallants, dillinger escape plan.
sì saranno pure belli ma non li ho mai più ascoltati:
spoon, oxbow, justice, lcd soundsystem, unkle, jesu, la otracina, neurosis, akron family, white stripes, todays is the day, low, suishou no fune, beirut.
remix dell’anno:
david guetta – love is gone (fred rister & joachim garraud remix)
feist – my moon my man (boys noize remix)
sebastian tellier – sexual sportswear (sebastiAn remix)
kavinsky – testarossa autodrive (sebastiAn Remix)
live o cose simili:
daft punk, neil young live at massey hall, sigur ros, vitalic.
dischi pallosi (ma apprezzatissimi da molti) dell’anno:
battles, silent8.
miti fuori tempo dell’anno e di sempre:
giorgio moroder.
cuncordu de orosei.
copertina più bella:
While My Guitar Violently Bleeds
copertina più LOAL:
Lightspeed Champion – Galaxy of the Lost
(forse una citazione della barzelletta del negro con la papera in testa)
Ciao a presto!
chissà se pietro conosce questo sito.
Lezione di odio 1.0
guardare tutte le foto di queste 9 pagine.
Ciao a tutti.
Ciao a tutti,sn un ragazzo socevole,ho la passione x lo sport,la musica metal e dark,adoro i vampiri e tutto lo stile gothico e mi piace conoscere xsne nuove! #
ok, sapere della sua morte, ieri sera, mi ha fatto molto male. però amen, qualche ora dopo lo shock era già passato e stavo facendo altro. ma risvegliarsi stamattina, leggere di un nuovo disco di neil young, correre a scaricarlo e trovarsi ancora di fronte a quella pagina grigia è stato orribile. un enorme WTF si è dipinto sul mio volto. a seguire, OMG e but woman never wing. sarà un duro inverno. (e comunque nodatta rulez)
che poi, vedo che il grigio regna. il cielo da qualche giorno è come la prima pagina di oink. anche il mare, ma a volte appare una specie di verdeblu.
http://www.cityeyesphoto.com/blog/2007/10/27/what-to-use-instead-of-oink/
per la rubrica “Porco Dio, Ma sono Tutti più Bravi di Me?”: boys noize e destroy0r. il primo fa il dj, è un po’ fighetto, ha 24 anni e diciamo che assomiglia ai justice ma è molto più bravo. si era già fatto notare con il meraviglioso remix di my moon my man di feist (l’originale è una lagna pallosa e inutile, mentre il suo remix è un capolavoro di ritmo e voci robotiche) e il suo album è bello da ascoltare a tutto volume ballando fermi seduti sulla sedia. destroy0r invece di anni ne ha 26, quindi già va un po’ meglio, e poi ha la faccia da bravo ragazzo americano, anche se in realtà è inglese. ma soprattutto: egli è un nerd. una cosa va detta: destroy0r non nasconde la sua natura, anzi. ne va fiero. per dire, il titolo dell’ultimo pezzo del suo album è “Finishing Videogames Makes Me Sad”: e uno che intitola una canzone così non si può non amare. se poi il pezzo è il risultato di un insolito mix di malinconico ambient e nintendocore, ancora meglio. diciamo che è un giovane aphex twin che, dopo aver sentito air e boards of canada, senza alcun motivo si mette a fare musica da videogiochi. onore. l’album è qui. e poi è un simpaticone. gli ho scritto su last.fm per fargli i complimenti e mi ha risposto così: “Hey hey. Yeah, I’m destroy0r : P Thanks very much! :D”. invece a uno che gli diceva “This is supposed to be music? Sounds like aids” il nostro simpatico nerd elettronico ha così risposto: “That’s because it IS aids”. olè.
e poi, anche se non è un ragazzino, non fa la musica elettronica che tanto piace a noi giovani, e non è cool, nè nerd nè daft punk – anzi, è dubstep sporco, claustrofobico, paranoico, opprimente, ossessivo e sinteticamente roccioso – ecco burial, di cui sta per uscire il secondo disco. se ho capito bene in realtà è semplicente kode9, che ho amato molto, ma comunque la sostanza non credo cambi di molto. il suo primo album l’ho consumato. in pratica si tratta di basi molto basse e minimali, costanti fruscii, gente che parla e un generale clima cupo e polveroso. insomma, è bello grosso e io lo consiglio, nonostante tutto l’hype (perchè ovviamente questo “nuovo” genere eccita un casino giornalisti e blogger: tutti a parlare del “nuovo suono della metropoli” e bla bla bla, quando è la solita roba: gente che si droga e per caso esce musica nuova). io sottoscrivo le sante parole di ts:
“alla lunga un po’ straccia i coglioni. Però appena lo sento mi piace tantissimo. Dopo venti minuti dello stesso beat un po’ meno, ma la volta successiva che l’ascolto, comunque, mi colpisce sempre. Sono praticamente un fan”
ecco, diciamo che quando ho la febbre alta e sono a letto mentre fuori c’è il sole e tutti scopano e giocano a pallone, questa è la musica che voglio sentire. mmm, questa e gli anaal nathrakh:
Gli Anaal Nathrakh sono generalmente descritti come new-black metal o post-black metal, anche per il loro modo di apparire in jeans e T-shirt che poco ha a che vedere con la classica teatralità del genere.
Il gruppo non ha mai pubblicato i propri testi (che risultano quasi completamente incomprensibili dall’ascolto), ma dai titoli e dalle informazioni che hanno dato durante le interviste si evince una spiccata propensione a parlare di apocalisse, di morte e di odio verso la razza umana
per la rubrica “Sì Cazzo, Spiegatelo a Mia Nonna che Questa è Arte”: herman nitsch e il suo orgien mysterien theater. quando il vostro amico intellettuale avrà appena scoperto che i matmos hanno suonato una mucca morta in un loro album, voi passategli un link a herman nitsch, e subito dopo questo. poi, se il vostro amico è anche un animalista e soffre di emofobia (che non è la fobia dell’emo come genere musicale, che potrei capire, ma la semplice repulsione per il sangue) mostrategli anche questo delizioso video. sui meriti artistico/estetici boh, non ne so un cazzo e poco me ne fotte – burp. a me ovviamente interessa la colonna sonora di questi rituali, ed eccola qua. si tratta di 51 cd. ahahah sì, davvero, 51 cd. si trova anche su oink e sono 5,19 GB. ahahah sì, davvero, 5,19 GB. c’è qualche folle che se lo scarica? beh, molti in realtà. ma dopotutto c’è anche gente che si ascolta tutte le 17 cover di umbrella di rihanna (io, ad esempio) e altra gente che domani andrà a votare alle primarie (no, io no).
io i radiohead li ho scoperti solo con amnesiac, che resta ancora oggi il mio album preferito. nel 1997 mi ero perso completamente quella specie di gesù cristo in forma di cd che fu ok computer, e probabilmente all’epoca l’avrei considerata musica da froci, visto che in quel periodo il mio gruppo preferito erano i soulfly e andavo avanti a vhs di rocco siffredi e cd masterizzati con scritto sopra sepoltura con la o, black sabbat senza acca e slipnot senza kappa, perché chi aveva il masterizzatore era quasi sempre ricco ma ignorante. poi di colpo è il 2001 e non so come mi ritrovo in camera mia a sentire musica con una femmina. eh? musica? con una femmina? pensavate che la cosa più assurda successa in quell’anno fosse il crollo delle torri gemelle? nell’armadio avevo ancora i jeans larghi da rapper e le bombolette happy color (le montana erano per i fighetti), sul muro un poster dei clash, uno di mao, per terra una pila di cd metal (tutto il metal esistente tranne metallica e iron maiden, mai sentiti in vita mia) e un santino di tupac shakur sulla scrivania. diciamo che ero un po’ confuso. e anche un po’ arrapato. di colpo parte questa lagna inspiegabilmente affascinante con un ritornello che alla seconda strofa canti già come se lo conoscessi da sempre e questo tizio brutto peggio di me che chiede a una non meglio specificata karma police di arrestare un uomo perché parla come un frigorifero, e poi dice ai lost maiself, che in quel periodo metallaro post-nirvana era un verso a me molto famigliare. fascino mille. penso subito: ok, se a lei dico che mi piace forse me lo prende in bocca. però mi piaceva davvero. così decisi di comprare il cd, ma quello appena uscito era amnesiac, e io mi innamorai di lei e di amnesiac, ignorando totalmente ok computer.
per la prima volta ascoltavo musica che piaceva alle femmine, il che voleva dire qualche probabilità di approccio in più. certo, non è che potessi scopare esclusivamente grazie ai radiohead, però dalla rabbia grezza passai alla tristezza dolcemente malinconica, quella che piace alle femmine, insomma. quella che non fa troppa paura. ovviamente in privato continuavo a rigare macchine, disegnare svastiche con le bombolette, dire porco dio senza motivo e ascoltare max cavalera ruttare a tutto volume. ma pubblicamente ero un fan dei radiohead. la mia tristezza era la stessa di prima, solo che ora era socialmente accettata. cazzo, ascoltavo il gruppo più ascoltato del pianeta, dovevano per forza accettarmi. ehi raga, guardatemi, sono come voi! la cosa in effetti mi sembrava un po’ strana. era musica che ti portava a pensare cose tipo “oh, la vita è una mevda… nessuno mi capisce, sob!”. però l’ascoltavano tutti, quindi i conti non tornavano. tutti pensavano che la vita fosse una mevda? tutti pensavano di non essere capiti? mmm, perché ascoltavano i radiohead col sorriso sulle labbra? loro sono davvero come me? cosa farebbe ozzy al posto mio?
i dubbi aumentarono a dismisura quando mio padre, un pomeriggio che ascoltavo pyramid song a volume molto alto, si affacciò in camera, in canottiera, e mi disse che quella canzone era molto bella. poi sparì, inconsapevole del danno arrecatomi. dopo circa due minuti passati immobile a bocca aperta tolsi il cd di amnesiac dallo stereo e mi sparai una maratona di slayer a circa 800 decibel, per tutto il pomeriggio. ma poi la notte, a volume basso, ascoltai ancora amnesiac, sperando che mio padre non mi sentisse. non capivo. come potevano piacere ANCHE a mio padre? il dolore vero è schifoso, è uno che sbava e si caga addosso, il dolore vero è gg allin, mentre quello cool è qualcosa di simile a ian curtis, il celebre leader dei gay division, che, per chi non lo sapesse, erano dei tizi vestiti come impiegati statali autori di canzoni banali che oggi potete trovare sotto forma di blog di splinder. ecco, i radiohead mi facevano pensare a loro. diffidavo, eppure non riuscivo a togliere il cd di amnesiac dallo stereo – e non nel senso letterale – il cd non era incastrato – intendo dire che mi piaceva molto e non riuscivo a smettere di ascoltarlo, ecco. poi col tempo scoprii che anche kid a non era male, e perfino ok computer si poteva ascoltare, anche se non ho mai capito tutto il clamore per paranoid android, per me nettamente inferiore a perle perfette come exit music for a film, karma police e lucky. the bends e pablo honey mai apprezzati, a parte grandi eccezioni come street spirit, ovviamente. ma amnesiac era tutta un’altra cosa. non c’è una canzone inutile. non c’è neanche un secondo inutile: si potrebbero tagliare 10 secondi a caso dal disco e sarebbero comunque bellissimi.
poi venne hail to the thief. di cui ho un solo ricordo preciso: camminavo nella zona fiera di bologna, chiusi male una bottiglietta d’acqua e la misi nello zaino, dove c’era il cd. tornato a casa trovai il cd che galleggiava nell’acqua e le pagine del libretto incollate. è ancora così. grazie a quell’album ho imparato che bisogna chiudere bene le bottiglie d’acqua. le mie preferite di hail to the thief erano myxomatosis, i will e wolf at the door. però anche quello era inferiore a amnesiac. e ora ecco inrainbows. l’ho scaricato stamattina. i nerd ovviamente già si lamentano del bitrate basso, perché ovviamente al posto delle orecchie hanno apparecchiature del CNR in grado di percepire ogni variazione di frequenza, certo. bitrate a parte, inrainbows è molto bello. c’è la voce fastidiosa di thom yorke, che noi tanto amiamo. ci sono le chitarre ruvide. c’è il ritmo. c’è lo spleen. e c’è anche mio padre, in canottiera, che passa qua vicino con un piatto in mano e il tovagliolo sulla spalla, tipo asciugamano, e sentendo un frammento dell’album dice “oh, ma sono i radiohead? bella questa canzone!”. ehm.
vediamo questo quanto dura
mmm nonostante i miei post restino on line pochi minuti al giorno, qualcuno è riuscito a intercettarli e mi chiede perchè li tolgo. rispondo: UAHAHAHAHLOAL! poi rispondo seriamente: è che mi pento sempre, penso “mmm magari lo legge X, mmm magari questo offende Y, mmm però a Z avevo detto così, mmm è meglio che A non sappia che….” ecc. ecc. decisamente, dal punto di vista del blog, era meglio quando non conoscevo nessuno e odiavo tutti a prescindere. ora mi metto troppi problemi, e mi tocca dissimulare. un po’ come da quando ho scoperto che gli occhiali da sole che uso in realtà non sono a specchio ho paura che la gente veda i miei occhi. da qui ad aprire un blog anonimo su splinder, il passo è breve.
Ollollai, ollollammo, ollollarono
giornata quasi sopportabile ieri grazie alla visita nella capitale del passato remoto del LOL, in provincia di NU, 1579 abitanti, tutti moooolto più grossi di me, vestiti di nero e col bicchiere di vino in mano. inizialmente non mi sentivo a mio agio perché faceva troppo freddo e tutti guardavano le mie scarpe. eppure dopo un po’, dopo qualche bicchiere di vino, era come stare in paradiso. un paradiso dove puoi vestirti come un dark e non sembrare un coglione, dove puoi cantare ubriaco dei rutti prolungati ed essere considerato un grande artista, e soprattutto un posto dove puoi bere tantissimo vino e non ti senti dire che sei alcolizzato (e tra l’altro “bere vino” non vuol dire sorseggiare un goccio di moscissimo rosso in coppe enormi e scomode e berlo a piccoli sorsi dicendo che sa di frutti inesistenti, ma vuol dire riempire bicchieri di plastica di robustissimo roSSo e berlo tutto d’un fiato uno ogni 2 minuti, anche mentre si canta, per poi fare rumori tipo AHHHHH o BHUUUUU o un classico PORCODDDIO con a seguire accensione di sigaretta). certo, non c’è il mare, fa troppo freddo, non so se c’è l’adsl e difficilmente uscirei intero dalla prima rissa al bar, però non è male ollollare ogni tanto.
(e poi è stato bello accettare un bicchiere di vino dagli autori delle colonne sonore degli ultimi film di herzog. non mi laverò mai più il fegato.)
da “Diario di un ragazzo italiano” di Gianni Morandi:
Ci vennero a prelevare all’ingresso con una macchinona nera, scendemmo in mezzo ai teatri di posa e camminammo a lungo tra le diverse produzioni. Vedemmo lavorare Al Pacino che stava terminando le riprese di Carlito’s Way, mentre in un altro studio Madonna stava girando il suo ultimo videoclip. Distratti dai lustrini dello star system americano proseguivamo al centro del vialone, attesi dal numero uno. Io e il Ramazza entrammo in un capannone vuoto. Su un parete di cemento grigio era appeso un pannello con la scritta dello sponsor. Dopo una decina di minuti d’attesa, guardammo fuori da una piccola finestra e a un tratto lo vedemmo passare. ERa lui in carne e ossa, con un mantello blu elettrico. Si stava avvicinando, ma non entrò. Poco dopo, dalla direzione opposta, un altro Michael vestito completamente di rosso porpora veniva verso l’entrata. Capimmo che erano tutti sosia e io sospettai nuovamente che Mazzi e Pecchini ci avessero preso in giro. Invece, alcuni minuti dopo, da una scala interna scese un signore distinto vestito di nero. Ci diede la mano. “Buongiorno. Allora, fra un po’ arriverà. Lui si metterà esattamente qui e si metterà in mezzo a voi due…” e indicò precisamente un punto del pavimento. Noi piegammo lo sguardo in quella direzione. “Chi di voi due vuole mettersi alla sua destra?”. Io ed Eros ci guardammo. Non avevamo preso nessuna decisione in proposito… “Fate come volete”, proseguì lui, “comunque chi sarà alla destra nella foto pubblicata sui giornale apparirà a sinistra e sarà il primo a essere notato”. Questa osservazione ci aveva lasciato attoniti. “Bene, il fotografo e l’operatore staranno lì…”. E di nuovo ci voltammo all’unisono nella direzione indicata. “Lui resterà qui 3-4 minuti, non guardatelo in faccia, anche quando è lontano, e soprattutto non toccatelo, fate in modo di non sfiorarlo nemmeno con i vestiti. E’ tutto chiaro?” E certo che era tutto chiaro. L’uomo in abito scuro se ne andò. “Maccome nun se po’ guarda’… Ma che faccio? Je parlo guardando in tera?” si interrogò stupito Eros. “Ma sarà un modo di dire, dai,” cercai di rassicurarlo “lo sai che lui è un igienista, dorme sotto una tenda a ossigeno, gira sempre con i guanti, ha il cuoco pakistano che lo segue ovunque e gli fa il suo riso basmati…” Eros non era molto convinto.
Mentre scambiavamo sottovoce queste battute, la porta sopra la scala si aprì. Finalmente, preceduto da un corteo di sei-sette persone dall’espressione minacciosa e dagli ocche celati da lenti scure, comparve Michael Jackson. Appena intuii che era lui, misi le mani dietro la schiena e mi voltai, evitando di dare l’impressione che lo stessi aspettando e che avevo fatto più di 9000 chilometri per venire a conoscerlo in quel capannone. Anche Eros se nestava con lo sguardo perso in alto, rivolto a un punto del soffitto. In mezzo al corteo, con la coda dell’occhio nota un individuo con tanto di tunica, turbante e barba bianca lunghissima. Pensammo che fosse il suo guru, una specie di santone. “Avvertimmo” che Michael si era posizionato tra noi e casualmente ero capitato io alla sua destra. I flash cominciarono a scattare e la luce rossa della spia della telecamera si accese. Mi ero preparato un discorso in inglese e cominciai a farfugliare, sempre attento a guardare davanti a me: “Hello Michael… ehm… nice to meet you… we’re really happy to be there with you…”. “Thank you, I love you” interruppe lui con una vocina che pareva quella di una bambina. Mentre gli parlavo ero tentato di girarmi anche solo leggermente verso di lui, ma non potevo. Dovevo anche stare attento a non toccarlo con i vestiti: “For us could be a big opportunity… We would like play a football game in Italy… to make money for childs…”. “Thank you, I love you…”. Allora intervenne il suo cerimoniere: “Forza, ora dategli il pallone, chi di voi è il calciatore?”. Con uno sguardo interrogativo e terrorizzato dalla possibilità di commettere errori, ci guardammo da dietro la schiena di Michael per non rischiare di incrociare il suo sguardo. Eros allora prese il pallone e glielo porse, mentre l’altro esclamava: “Michael, take the ball…”. Michael, attento a non contaminarsi con le ditaccia dell’italiano, prese la palla: “Thank you, I love you…”. Il fotografo continuò a scattare e il cameraman a riprendere Michael sorridente con il pallone in mano e perfettamente sistemato tra noi due impalati come statue. Improvvisamente Eros abbandonò il suo sguardo assente, rinunciò al suo fintissimo aplomb e abbracciò con vigore la leggenda della disco: “‘A Michael, ma lassate abbraccià…!”. In quel momento tutto si ruppe, il cerimoniere mise immediatamente al sicuro il suo protetto e tutti sparirono rapidamente da dov’erano venuti. “La cassetta, the tape…” urlai io. “Give us the film…”. Se n’erano andati con la cassetta che conteneva la testimonianza della nostra grande amicizia con Michael, il quale aveva ripetuto più volte che ci amava… “We will send everything in Italy…” Chiudendo la porta, qualcuno aveva urlato che ci avrebbero spedito tutto in Italia.
Eravamo rimasti appena quattro minuti con Michael, e io ed Eros ci trovammo immobili e increduli come due stoccafissi. Ci stavamo interrogando sul da farsi, speravamo che Michael si ricredesse e volesse risalutarci… Era mai possibile tutto quel trambusto per un segno di sincero affetto da parte di un fan?
Improvvisamente, fummo attirati verso la scala da un rumore. La porta si aprì e lentamente comparve il “guru”, quello con il turbante e la barba bianca. Io pensai che la voce della coscienza avesse convinto Michael a darci un’altra opportunità, magari meno formale. Quando il messaggero ci fu di fronte, si guardò intorno e disse sottovoce: “Ahò ragazzi, io so’ de Roma, Maicol se crede che so’ pakistano… je faccio da magna’ riso e me dà ‘n sacco de sordi…”. Detto questo sparì, e quella fu una delle più grandi occasioni di risata mai avute.
Animali che si uccidono
la serie di documentari più stupida mai realizzata è sicuramente quella di animal face-off, ovvero ipotetici combattimenti realizzati in 3d tra animali che di solito non si cagano. la cosa buffa è appunto questa: si tratta di animali che nella realtà difficilmente si attaccano, quindi, nonostante le presunte intenzioni scientifiche, ogni puntata si trasforma in una perla di raro surrealismo lollesco. alcuni esempi di combattimenti: leone contro tigre, elefante contro rinoceronte, coccodrillo contro squalo bianco, e il vero capolavoro: ippopotamo contro squalo toro (giuro). non godevo tanto dai tempi di octopus eats shark. il mio preferito però è l’epico scontro tra il tricheco e l’orso polare, dovre tra l’altro sembra che l’orso polare all’inizio si voglia chiavare il tricheco che non la prende bene e lo uccide. assenti dalla serie purtroppo i bastardissimi delfini, ben noti assassini di indifesi volatili.