Qualche tempo fa ero per lavoro* a un convegno giovane su argomenti tipo internet e social cose, e per dirvi quanto era una cosa moderna non lo chiamavano convegno ma camp, parola che a me fa pensare a cose molto più interessanti, ma comunque.
La fauna era quella tipica: tipe fighe che non sudano scattata con instagram, cellulari costosi, gente che faceva lavori che per essere spiegati ci volevano cinque minuti e molte parole in inglese, ragazzi che per scattare le foto si alzavano sollevando sopra la testa un tablet tipo Charlton Heston che fa Mosè nei Dieci comandamenti.
Arriva uno dei momenti più attesi, l’intervento di un guru delle cose sociali. Avevo capito che era un guru perchè aveva la camicia sbottonata e prima di iniziare a parlare non aveva cagato minimamente gli altri interventi, e il guru parte con un discorso su quanto il mondo ormai non sia più come noi lo conosciamo, e dal tono che usa si capisce che lui è convinto di essere un Philip Dick scattato con instagram, ma a me ricorda al massimo gli articoli di PC Open del 1996.
Avete mai provato a rileggere gli articoli di PC Open del 1996? Fatelo, e la prossima volta che da sobri farete un qualunque discorso sul futuro, sulla tecnologia e sulla rete ci penserete due volte prima di aprire bocca. Probabilmente non la aprirete affatto.
Comunque il guru, che era bello e muscoloso e appena uscito dalla doccia – perché gli esperti di tecnologia ora sono così – era fissato con la velocità, la velocità della rete, la velocità della comunicazione, la velocità dello scambio cognitivo-informazionalizzante, e diciamo che molto velocemente mi è stato sulle palle. Però lo ascoltavo comunque molto attentamente senza perdere nemmeno una parola, perchè non si sa mai. E poi ero lì per lavoro (vedi nota).
A un certo punto racconta che un giorno si trovava a un convegno simile, cioè un camp, e la persona che stava parlando l’ha invitato a stare più attento perchè nel frattempo lui smanettava col cellulare. E su smanettare ha messo una certa enfasi e ha fatto il gesto manuale delle virgolette che ha fatto ridere molti nella sala, io non ho capito subito perchè, poi ci sono arrivato: era un termine desueto, roba che usano i vecchi, e a loro faceva ridere.
Questo povero disgraziato gli aveva detto che non era molto educato fare tutt’altro mentre qualcuno parlava, e pure qua in sala ridevano. Perché, ha spiegato poi il guru, questo è il presente, il multitasking, mentre vivi un’esperienza contemporaneamente la condividi con qualcuno, rispondi su twitter, posti su facebook, ecc. ecc. E tutti ad annuire e nel frattempo a riportare le frasi del guru su twitter.
In effetti anche in quel momento smanettavano tutti con i cellulari e io ero rimasto l’unico fesso che semplicemente lo guardava in faccia e ascoltava mentre parlava. Quindi il tizio mi guarda e dice: dovete fare così anche voi, condividete, non limitatevi ad ascoltarmi, dev’essere un incontro partecipato, non c’è più uno che parla e gli altri che ascoltano, siamo tutti parte attiva, condividete! Condividete! Condividete! Condividete!
Il mio problema era sostanzialmente uno: avevo un Nokia di poco successivo alla chiusura di PC Open, di quelli con lo schermo tipo calcolatrice. Il massimo che potevo fare era mandare un sms a mia madre per dirle che tardavo un po’ per pranzo, non è che potessi condividere molto altro. Ma quando il guru ha insistito per la decima volta, e si capiva che ce l’aveva con me anche se usava il plurale per non darmi troppa confidenza, ho tirato fuori il cellulare e ho fatto finta di usarlo per fare cose su internet.
Solo a quel punto, vedendomi partecipare, il guru si è passato la mano sui capelli e ha puntato gli occhi verso qualcun altro – anzi altra, perché per tutto il tempo si rivolgeva esclusivamente alle ragazze presenti, forse perché i maschi sono ormai obsoleti, non lo so.
Quando ha finito il suo intervento – che là non chiamavano così ma speech, mi pare – ed è salito qualcun altro a parlare, il guru ha iniziato a non cagarlo, coerentemente al manifesto della modernità esposto poco prima.
Ma attenzione: non è che si fosse seduto in disparte, magari in fondo alla sala. No: era proprio al fianco di questo che parlava, e non lo cagava a livelli inconcepibili, nonostante quello si rivolgesse a lui, lo citava, diceva ecco appunto come diceva poco fa tizio, ma lui non alzava nemmeno lo sguardo e continuava a fare cose con il cellulare, ogni tanto faceva quei sorrisini di chi riceve un messaggio che fa ridere ahah ma gli altri che sono intorno non possono capire.
Ora, chiunque gli avrebbe dato uno schiaffo, per poi spaccargli una sedia in testa, infilargli lo smartphone in culo, cospargerlo di benzina, dargli fuoco, pisciarci sopra e poi fare una foto scattata con instagram. Ma non è successo.
Quando sono tornato a casa, per curiosità ho cercato il guru su twitter e ho controllato quali messaggi stava mandando esattamente a quell’ora. Erano tutte cagate tipo @nomediqualcuna CIAAAO GRAZIE!!! o @nomediqualcuna hahah è vero :)))).
Considerazioni su tutto questo? Nessuna. Solo il rimpianto di non aver agito .
15 risposte su “Guru guru (altra bozza, altro convegno palloso ma in effetti interessante)”
Mancano anche a me i convegni con le bottigliette d’acqua di plastica da mezzo litro dietro il segnaposto col nome come necessario status symbol. (nessuna virgola, bene, quindi non si capisce qual è – con l’apostrofo o senza che poi s’offende Saviano – lo status symbol, la bottiglietta o il segnaposto col nome. Credo la bottiglietta)
Anche io ho un Nokia (del 2006, però) che ha una connessione da circa 1 euro al minuto e chi come me va ancora con la ricaricabile non si può permettere di condividere e twittare mentre sta facendo altro.
Come quelli che invece di mangiare, fotografano il piatto per poterlo pubblicare e dire a tutti che stanno mangiando (che poi non è vero perché il cibo si sta raffreddando mentre loro provano le diverse angolazioni prima di scattare e applicare filtri con instacoso)
P.S.: al prossimo amarcord di un convegno scatterà la richiesta di un istant-book in cui racconti cosa hai fatto oggi, ieri e ieri l’altro per “lavoro” (virgolette aeree)
Giuro, volevo condividere questo gran pezzo su twitter, però non ci sono quei pulsantini per la condivisione.
che poi ora che ci penso alla fine anche io ho condiviso l’esperienza. però 8 mesi dopo e con un lungo post in un blog.
OLD SCHOOL.
…sì comunque in sostanza questa storia della condivisione nella realtà si traduce semplicemente in maleducazione a livelli impossibili e voglia di prendere a schiaffi tutti.
mi è capitato ieri durante la partita della nazionale. la marty totalmente assente con cellulare in mano mi ha fatto lo stesso effetto del guru. dopo il primo tempo sen’è andata nell’altra stanza, nel pieno disinteresse della partita della nazionale (ma prima di andare via si è alzata stando davanti alla tv per lunghissimi secondi).
in pratica queste persone ultra connesse finiscono solo per stare sulle palle ai non connessi che magari vorrebbero fare una sola cosa per volta, che gli interessa.
l’interesse credo sia la base. se ti interessa, non twitti, non scrivi, non prendi neanche nota, non fai foto non provi a registrare. Se ti interessa poco, automaticamente la tecnologia arriva.
d’altra parte meglio quelli che fanno foto rispetto a quelli che siccome non gli interessa PARLANO con quelli accanto. questa tecnologia moderna per ora impone anche un silenzio che devo dire mi piace molto, anche se non è tutto, è qualcosa.
è incredibile perchè diventa autismo e contemporaneamente socializzazione spinta. cioè a questi convegni vedi raramente gente che si avvicina all’orecchio di qualcuno per commentare o fare una battuta, di solito sono tutti abbastanza silenziosi e isolati, ma fanno la stessa cosa con il telefono (e capitano cose odiose tipo i sorrisini di chi legge un messaggio divertente). io sono per fare una cosa per volta, anche perchè ho bisogno di pensarci bene e al massimo condividere dopo (molto dopo, a volte) raccontando. ma forse sono diventato vecchio. mi viene in mente quella volta che da piccolo sono andato per la prima volta al circo ma prima della fine ho detto che volevo assolutamente andare via e una volta a casa ho iniziato subito a disegnare tutto quello che avevo visto.
A me Instagram piace, ecco l’ho detto.
Lo uso parecchio e se fai selezione si trovano fotografi e roba molto interessante.
Ok, è la moda del momento, e l’effetto nostalgia del formato quadrato + filtri sarà una truffa, ma a me ha fatto tornare la voglia di fotografare, e il fatto di avere sempre un tasca un buon obiettivo può essere molto creativo.
Conosco anche diversi tipi simili al tuo guru, “social media strategist”, responsabili di “Instagramers Città X, Y, e regione Z” organizzatori di instameet, camp e pizzate varie da te già ben descritte in passato.
Il tuo ritratto si adatta a molti di loro e aggiungo una cosa: seguo più o meno distrattamente parecchie decine di instagramers di tutto il mondo, e SOLO questi quattro cazzo di social guru italiani cercano in ogni modo di guadagnarci, con concorsi (contest) e promozioni penose attuate secondo il peggio del marketing virale. es:
instagramersitalia.it/amazing-spider-man-in-italia-su-instagram-con-instagramers/
ma forse sarò io all’antica ed eccessivamente influenzato da letture d’infanzia tipo no-logo, ma non ti rompe il cazzo che appaia sempre la scritta SCATTATA CON INSTAGRAM?
Ma dove? Dentro l’applicazione non esce nulla del genere, forse ti riferisci alle schermate linkate via http.
Ad ogni modo io la vedo come una versione tascabile di Flickr (gia’, un altro logo), a risoluzione fissa 612×612 ma immensamente piu’ pratica e veloce. Poi il tipo di “socialita’” da avere lo decidi tu.
beh sì, se apparisse il loro stesso logo anche dentro l’applicazione sarebbe perversione pura. io dicevo esternamente, dove le vedo io di solito, su twitter ecc. girano miliardi di quelle foto e tutte con la scrittina SCATTATA CON INSTAGRAM. un po’ come se in passato avessi sviluppato le foto da far vedere agli amici tutte con sopra la scritta SVILUPPATE CON KODAK. ma poi questi filtri, boh. io me li ricordo anche prima quelli per fare le foto artistiche solo che non si usavano perchè erano imbarazzanti ma a quanto pare c’è stato un punto della storia in cui qualcuno ha deciso che non lo erano più. tipo i pantaloni a vita alta o bassa (secondo me prima o poi ritornano di moda quelli a vita alta).
comunque quello che non capisco è l’innamoramento per il marchio/mezzo. cioè i gruppi di instagrammers, dire “faccio le foto con instagram”, non “faccio le foto” E BASTA (ovviamente non parlo di te, andrè).
No ma i gruppi/meeting/pizzate ecc. di instagrammers sono patetici anche per me, ci mancherebbe.
Io mi sono registrato a quello di Ascoli solo per farmi una degustazione “verticale di Verdicchio” aggratis ma ,come dici tu, ai guru non interessa nulla della fotografia, a loro importa solo di VENDERE un BRAND attraverso eventi che sfruttano il narcisismo e la moda del momento degli instagrammers.
a me piace quando trovo foto tristi, tipo “campo di concentramento di auschwitz – SCATTATA CON INSTAGRAM” (ho dovuto cercare con google come si scrive auschwitz)
ma mi pare di capire che il verdicchio è un vino (scusa eh, ma conosco solo quelli sardi) e ne consegue che ogni tua azione sarà da me compresa e perdonata.
ogni volta che rivedo il petroliere, esco di casa con l’unico paio di pantaloni a vita alta che possiedo. convinto di essere nel giusto.
e lo sei, amico mio. lo sei.
in effetti col gruppo di “nerd” delle polaroid è successa la stessa cosa, si identificano col mezzo, fanno tribù, non è solo espressione di qualcosa attraverso la tecnologia… è scegliere il metodo di pubblicazione in base alla maggior probabilità che un altro appartenente alla tua tribù noti la tua opera. Ha senso, se pensiamo che solo poche persone vanno nel deserto a parlare e molte cercano di salire su un palco con molto pubblico per lo stesso motivo. Per lo stesso motivo dopo che c’è uno o due commenti, si fa presto ad arrivare a 10/15.