Ogni tanto per depurarmi da questa cultura contemporanea e pop in cui vivo e che comunque amo (serie tv, fumetti, Kanye West) leggo brani a caso delle Mille e una notte – soprattutto gli elenchi – così, per ricaricarmi e ricordarmi quando è bella la vita se si chiudono le finestre e si butta la testa fra le pagine di un libro:
La donna lo fece in seguito fermare davanti alla bottega di un fruttivendolo.
Comprò mele di color chiaro, cotogne di Turchia, pesche di Khullân, mele moscatelle, gelsomini, ninfee di Siria, cetrioli delicati, limoni di Marakib, cedri reali, rose bianche, basilico, fiori di henné, camomilla fresca, violacciocche, mughetti, gigli, anemoni, viole, occhi di bue dai petali gialli, narcisi, fiori di melograno… Sistemò tutto nella gerla del facchino e quindi si recò dal macellaio.
“Tagliami dieci ratl di carne buona di pecora” gli disse consegnandogli la somma necessaria.
[…]
L’altro, molto meravigliato, sollevò senza sforzo il suo fardello e se lo mise sulla testa; e la donna lo trascinò questa volta da un mercante di frutta secca, dove comprarono le migliori varietà di ghiottonerie dolci e salate, indispensabili sulla mensa di chi voglia far baldoria come si deve: ciat salato, olive snocciolate, olive dolci conservate nella calce, dragoncello, giuncata, formaggio di Siria, verdure conservate, salate e non […] cuori di pistacchio – che è delizioso sgranocchiare quando si beve in buona compagnia -, uva secca di Shihb, mandorle, datteri secchi dell’Iraq, biscotti alle noci di Baalbek, ceci di Khazayan.
[…]
Stavolta si ritrovarono davanti al negozio di un pasticciere, dove la bella compratrice si procurò un vassoio rotondo che colmò di tutte le varietà di dolciumi in mostra: bignè al burro, merletti di pasta di frittelle, torte farcite aromatizzate al muschio, caramello turco, pasta di mandorle ai pistacchi, focacce ai datteri, semolino al latte, senza contare ghiottonerie dai nomi evocatori – fronzoli languidi di comare Sâlih, pettini d’ambra, dita di Zaynab, pane delle vedove, bocconcini del giudice, sgranocchia e ringrazia, imbutini delle belle, castellucci di vento…
[…]
Arrivarono finalmente da un mercante di droghe e profumi, dove essa si procurò dieci flaconi di essenza di ninfea, due pan di zucchero, una bottiglia di acqua di rosa al muschio, grani d’incenso, legno di aloe, anbar, granelli di muschio, qualche lampioncino dotato di candele di cera, bugie della stessa specie e un vasto assortimento di ceri di Alessandria. Riuscì ancora a sistemare tutto nella gerla e, voltandosi verso il facchino, ordinò per l’ultima volta:
“Facchino, prendi la tua gerla e seguimi!”
Perché? Perché quando faccio la spesa all’LD io non posso chiedere se hanno i biscotti alle noci di Baalbek?
Comunque, il bello di questa pantagruelica spesa iniziale è che poi porta a un banchetto folle e a una delle parti più inquietanti e malate di tutte le storie de Le mille e una notte, roba che poi guardate un film di Lynch o Cronenberg e vi sembrano i teletubbies.
Una parte che, prima o poi, vorrei trasformare in cinema, anche se forse non ce n’è bisogno, perché già lo è.
3 risposte su “Fare la spesa è molto più bello nei libri che nella realtà”
a quanto leggo su internet Baalbek è una rovina in Libano, la cultura locale ha ricette tipo “pesce ripieno di noci” ma credo si debba andare la per mangiarle. Potrebbe essere in effetti un bell’obiettivo per un viaggio, appena finisce la guerra.
in effetti l’ultimo viaggio che ho fatto l’ho fatto solo perchè avevo letto un libro e volevo vedere dal vivo i posti di cui avevo letto le descrizioni.
Io perché avevo visto una trasmissione di Rai Nettuno alle 4 del mattino, e volevo vedere il posto di cui parlavano.