Iniziò così: alcune persone si svegliavano e come prima cosa controllavano Facebook, scoprendo di essere stati taggati in fotografie di serate a cui non avevano partecipato. Forse ho bevuto troppo, pensavo qualcuno, forse ho problemi con la memoria a breve termine, pensava qualcun’altro, ma nessuno all’inizio diede molto peso alla cosa. La vita continuava come sempre. Le persone uscivano di casa, incontravano un amico e si facevano una foto insieme, poi la mettevano su Facebook ma scoprivano che quella foto c’era già, era stata fatta il giorno prima. Nessuno dei due se lo ricordava, nessuno dei due trovava una spiegazione. Il fenomeno si diffuse sempre di più e sempre più velocemente. Persone che scrivevano status come “Oggi ho fatto gli gnocchi! erano buonis..” scoprivano di averlo già scritto con la data di ieri. Vennero interrogati scienziati, filosofi, programmatori, religiosi, i governi ordinarono ispezioni presso le server farm di Facebook, ma nessuno trovò una spiegazione. Mark Zuckerberg, ormai 80enne e paralizzato, aveva perso l’uso della parola da 10 anni e comunicava solo sussurrando strani mugolii nell’orecchio della moglie cinese, che traduceva per il resto del mondo. Molti giornali insinuavano che la cinese non traducesse veramente, altri si interrogavano sul mistero della sua eterna giovinezza. Anzi, col tempo era ringiovanita: più Zuckerberg invecchiava, più lei diventava giovane. Nel frattempo Facebook continuava ad anticipare sempre di più la realtà. Lo scarto aumentava. Le persone aprivano il proprio profilo e trovavano la foto di un anno dopo, abbracciati con degli sconosciuti, persone che ancora non avevano incontrato.
M. provò a cancellare il proprio profilo, ma era del tutto inutile, perché apparivano informazioni sulla sua vita nel profilo degli altri. Un amico lo chiamava e gli diceva “Tra sei mesi faremo una foto che fa morire da ridere, devi vederla!”. A quel punto si iscrisse di nuovo, per cercare di controllare la propria vita, per sapere cosa sarebbe successo. Un giorno aprì il suo profilo e trovò centinaia di saluti sulla sua bacheca: “Ciao, ti ricorderò sempre”, “Non ci posso ancora credere, non mi sembra possibile, ciao M.”, “Eri il migliore di noi, non mi sembra vero, Addio” e così via. Mancava un anno a quel momento. M. si interrogò sul da farsi: ringraziare gli amici delle condoglianze e poi aspettare? Ci pensò un po’ e alla fine decise di opporsi al destino e suicidarsi. Gli sembrava la cosa più sensata. Quindi scrisse un biglietto d’addio sul quale meditò molto, diceva così:
Perché l’ho fatto? Non c’è alcun motivo e non penso sia una tragedia per molti. Ma come una goccia che cade in un pozzo molto profondo l’eco è assordante solo per chi può sentirla. Addio.
Era soddisfatto: postò la frase su Facebook e si impiccò. Ma non morì. Quindi si buttò dalla finestra, ma non morì neanche in quel modo, si fratturò una gamba e un polso e dopo qualche ora era dimesso. Allora tentò di tagliarsi le vene, di soffocarsi, avvelenarsi, ma scoprì che non poteva morire. Non ancora: la data fissata da Facebook era un’altra. A ogni tentativo però scriveva nuovi status di addio, perché ogni volta pensava che quella sarebbe stata la volta buona. Col tempo gli amici iniziarono ad apprezzare, i mi piace erano sempre di più e le condivisioni aumentavano esponenzialmente, e quasi un anno dopo la Mondadori gli pubblicò la raccolta, dal titolo ironico “Addio Facebook crudele”. Fu un caso editoriale e vinse un premio letterario. Il giorno della premiazione coincideva con il giorno della sua morte secondo Facebook e tutti si aspettavano che, una volta salito sul palco, proprio prima di pronunciare il discorso di ringraziamento, sarebbe morto davanti a tutti, perché nei film di fantascienza succedeva sempre così. Non era un caso ma un’idea del suo agente letterario, sapeva che così il libro avrebbe battuto ogni record. Alla presentazione c’erano migliaia di persone, addirittura c’era chi scommetteva. M. salì sul palco per ritirare il premio, ormai era quasi mezzanotte e dopo pochi secondi la giornata sarebbe finita. A mezzanotte e un minuto, durante gli applausi di rito dopo il suo breve discorso di ringraziamento, M. non era morto. Fece il gesto dell’ombrello davanti a tutti e disse “tiè” e andò via. Il giorno dopo la moglie cinese di Zuckerberg morì di infarto. Gli infermieri raccontarono ai giornali che in quel momento sul viso del padrone di Facebook apparve uno strano sorriso.
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