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E il Signore fece comando al pesce, ed egli garantì il massimo della flessibilità

colloquio pubblico, cioè davanti a tutti, come all’esame di maturità. il posto è una di quelle misteriose strutture pubbliche polifunzionali che se poi chiedi anche UNA sola funzione nessuno te la sa dire. monumenti alla spesa pubblica, rovine del presente. soffitti altissimi, vetrate, colonne, maniglioni ed estintori ovunque. ma a regnare è la polvere e un generale stato di abbandono e inutilità. mi sembra di stare dentro un servizio di striscia la notizia. mentre cerco il bagno mi perdo e finisco in una stanza grande quanto tutta casa mia. dentro, nulla: solo un congelatore, in fondo, poggiato alla parete. probabilmente quella la chiamano “la stanza del congelatore”. non ho avuto il coraggio di controllare cosa ci fosse dentro il congelatore, molto probabilmente nulla. i presenti, tutti giovani, dinamici e carini, sembrano svegli da ore e scoppiano di vita, anche se sono solo le otto e mezza del mattino. non so come facciano. a me viene un conato di vomito quando un raggio di sole si fa strada tra gli occhiali e penso di svenire. siamo tutti qui per lo stesso lavoro, un lavoro in mare. dopo i primi tre colloqui prendo in considerazione l’idea di andare via: un biologo ventenne con brevetto da sub e patente nautica; una giovane archeologa esperta di archeologia subacquea con una parlantina che convincerebbe chiunque di qualunque cosa; e infine nettuno, il dio del mare. studio il momento giusto per alzarmi e sparire senza che nessuno se ne accorga, ma poi sento un ragazzo che confessa a un altro di avere solo la terza media e nessuna patente nautica e decido di restare. forse stavolta non arriverò ultimo. seguono studenti di qualsiasi materia immaginabile, laurati, laureandi, dottorandi, professorandi. sembrano tutti qui porco dio, ma non dovrebbero essere a scopare e a manifestare contro la gelmini e quelle cazzate là? mah. durante la pausa si creano due gruppi: da una parte TUTTI; dall’altra io, il tizio con la terza media e un ragazzo molto grosso che fa il camionista e non ha nessuna speranza. mette subito le mani avanti dicendo che lui le cose le sa, ma il problema è che non sa parlare. nessuna speranza, fratello mio, nessuna. sparliamo degli altri, fumiamo sigarette (le mie, sti stronzi, vabbè) e diciamo varie volte che i veri sfigati sono LORO, che hanno studiato e letto tanti libri e mo sono qua a supplicare un lavoretto in mare del cazzo, ah ah ah sfigati! loro, LORO! AHAHAHAH! ovviamente evito di parlare del mio anno passato all’università mantenuto da mamma e papà senza manco aver portato a casa non dico un pezzo di carta ma nemmeno un coriandolo. preferisco denigrare gli altri, annuire e tossire di tanto in tanto. dopo aver sentito i colloqui di tutti (perché io ovviamente ero l’ultimo) tocca a me. in 15 minuti di colloquio, dopo cinque ore di attesa, senza volerlo finisco a litigare con uno degli esaminatori – giuro, non so come ho fatto. ora, potrei dire che non è colpa mia ma di quello che era uno stronzo, ma tanto si sa come vanno queste cose. quando esco ci sono trenta gradi e penso di chiudermi dentro il congelatore nella “stanza del congelatore”. non lo faccio, fanculo, e da qui in poi la realtà fa spazio a mostri marini, piovre giganti e un sacco di cazzate con i tentacoli. AHAHAHAH!

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