Riporto un trip interessante. Mi ha colpito intanto per quello che succede, ma soprattutto per la modalità di esecuzione del trip: senza sostanze. Non è un sogno, non avevo preso sostanze allucinogene, a sto giro ho fatto quello che K chiama “viaggiozzo”. Ovvero si sta con gli occhi chiusi e si lascia la mente libera di vagare, senza intervenire mai, in totale libertà. Per evitare di avere semplicemente una sequenza di scene o immagini a casaccio come può capitare nello stato ipnopompico del dormiveglia, avevo un set iniziale (ovvero partire dall’alto, infatti inizia con un aereo) e un obiettivo (trovare qualcuno a cui fare una domanda). Nella realtà è durato 20 minuti, lo so perché ho impostato un timer. E’ stato molto molto intenso, non ho “corretto” o romanzato nulla, questo è quello che ho vissuto. A fine trip ho registrato immediatamente tutto col registratore vocale del cellulare e ora ho semplicemente trascritto togliendo i vari ehmmm cioè tipoooo ehmm e poi era tipo eeehh come dire cioè mmm una cosa tipo ehhhh.
Trip senza sostanze, viaggiozzo “della capra”
Sorvolo un deserto su un piccolo aeroplano tipo Cessna. Inizialmente il deserto è piatto e tendenzialmente grigio, poi diventa pietroso, con qualche grossa roccia ogni tanto. Io sono seduto dietro, per terra, e vedo il pilota di spalle. Siamo molto in alto. Poi il deserto finisce e inizia una foresta, l’aereo si abbassa un po’, dall’alto in mezzo agli alberi si vede una gigantesca voragine buia (identica al Sótano de las Golondrinas in Messico), profonda, nerissima, provo paura. Il pilota, che indossa una camicia beige tipo esploratore e che non vedo mai in faccia, mi dice “Devi andare lì?” e io rispondo “No no, assolutamente no”. E lui “Allora devi scendere più avanti”. Gli chiedo come faccio a scendere, visto che stiamo sorvolando la foresta abbastanza velocemente. E lui: “Io non mi fermo mai, devi scendere tu da solo. Però mi abbasso”. A questo punto l’aereo comincia ad abbassarsi così tanto che le ali iniziano a colpire violentemente le cime degli alberi. Io mi tengo forte a una maniglia dell’abitacolo, mentre il pilota davanti resta impassibile. Anzi, scende ancora di più e l’aereo inizia a schiantarsi contro i rami spezzandoli. Io chiedo “Ma scusa, non si rompe l’aereo così?” e lui risponde “No no, quando vuoi puoi andare”. “Cioè mi devo lanciare?”. Lui mi dice di sì, quindi mi lancio dall’aereo e faccio una lunga caduta colpendo varie volte rami, tronchi, fino a cadere a terra. Mi sento dolorante ma non mi sono fatto male. Mi alzo e inizio a camminare nella foresta, fittissima, molto bella, con alberi molto alti. Davanti a me c’è un antichissimo tempio di pietra ricoperto da piante rampicanti e radici di alberi (molto simile a Ta Prohm, Cambogia). Ha un entrata molto buia, però anche in questo caso – come per la voragine – provo paura e mi allontano dall’entrata, non ci voglio andare. In più trovo opprimente stare nella foresta, sotto gli alberi. Dunque mi arrampico sopra il tempio, roccia dopo roccia. Trovo una specie di scala, arrivo fino alla sommità del tempio. Pietre molto antiche, molto lisce. Da qui parte quello che inizialmente mi sembra un ponte, poi diventa un muro, poi una muraglia. Cioè al centro c’è un sentiero e ai lati delle mura di pietra. Sono in alto, sopra la foresta, di poco sopra la cima degli alberi. Il cielo è azzurro, c’è il sole, tutto è molto luminoso e caldo. Cammino, alla fine della muraglia arrivo a una galleria che penetra nella roccia. All’entrata della galleria c’è un carrello su dei binari. La galleria è buia ma è breve, vedo la luce in fondo. Salgo sul carrello, per farlo andare avanti devo tirare una fune facendo molta forza. Arrivo alla fine della galleria e qua la realtà si blocca. Le immagini che stavo vedendo si sono come impallate, come un bug di un videogioco. Io posso muovermi, ma la realtà intorno a me è bloccata. La cosa mi sorprende un po’ ma non mi spaventa, anzi, ne approfitto. Fuori dalla galleria c’è un’enorme cascata, sento il rumore dell’acqua, ma l’acqua non si muove, la cascata è ferma. Dunque mi arrampico sulla cascata e vado ancora più in alto. Non capisco né da dove arriva né dove finisce l’acqua, sembra sospesa in mezzo al cielo. Io salgo su, penso “Speriamo che non riparta però” perché in quel caso cadrei giù. Non succede, il bug rimane e riesco a scalare la cascata. Mentre salgo, siccome è tutto bloccato, mi appoggio anche a elementi come una nuvola, esattamente come se un videogioco fosse stato messo in pausa e io potessi muovermi comunque. Sopra di me vedo delle radici che scendono dall’alto, c’è un isolotto di terra sospeso nell’aria, come un blocco di terra. Mi arrampico faticosamente sulle radici e arrivo sopra l’isolotto. Qua la realtà non è bloccata, tutto scorre normalmente. Sull’isolotto in mezzo alle nuvole c’è un bellissimo prato verde, un albero e un laghetto. Tutto è molto colorato, sereno e tranquillo. Mi sdraio sull’erba. Mi viene sonnolenza, ma a questo punto arriva una capra bellissima. Ha le corna piccole e il pelo bellissimo, come i capelli di una donna. Non ha un solo colore, è tra il bianco e il giallo oro, ma davanti ha anche sfumature di altri colori. La accarezzo, giochiamo un po’, lei beve l’acqua del laghetto, poi ci sdraiamo sull’erba e ci abbracciamo. Restiamo per un po’ abbracciati per terra, molto rilassati, e io l’accarezzo lentamente. Dopo un po’ la capra si alza. L’isolotto è piccolissimo, c’è solo una porzione di prato, il laghetto e l’albero, intorno il vuoto, il cielo, le nuvole. La capra va verso la fine dell’isolotto e vedo che da lì parte una radice dell’albero. La capra la percorre come una funambola, capisco che la radice sale e va verso un altro isolotto ancora più in alto, che intravedo tra le nuvole. Seguo la capra. Cammino anche io sulla radice in equilibrio, ogni tanto la capra si gira per controllare che la stia seguendo. Io le dico “Ti sto seguendo” e arriviamo all’altro isolotto. Capisco che la radice dell’albero è anche la radice di un altro albero, sono collegati. Questo isolotto è più grande rispetto al primo, anche qua c’è un prato molto verde, alcuni laghetti e poi un albero gigantesco con una grande casa di legno costruita sopra, tra i rami. La capra sale sulle scale e va nella casa sull’albero. Io la seguo, perché voglio stare un po’ all’ombra. Dentro è molto bello, tutto in legno, sembra vecchio ma non molto rovinato, ci sono alcuni oggetti, noto una lanterna e molti libri. Guardo i libri, ne sfoglio alcuni, ma sono in una lingua che non capisco. La capra si mette a mangiare le pagine dei libri e dopo averne masticato un po’ inizia a parlare in quella lingua. Capisco che ogni libro in realtà forse è in una lingua diversa, perché mi sembra che a seconda delle pagine che mastica la capra parli un’altra lingua. Io dico alla capra che non capisco quello che sta dicendo. Lei mi ignora, continua a mangiare e a parlare la lingua dei libri che mangia, e io continuo a non capire. Le dico “Io così però non capisco”. La capra non parla, scende dalla casa sull’albero e va nel prato dove si mette a mangiare l’erba. A questo punto ho un’intuizione: forse devo mangiare anche io libri, così posso capire la sua lingua. Solo che non sapevo qual era l’ultimo che aveva mangiato, e poi mi faceva anche un po’ schifo perché le pagine erano tutte bagnate e sbavate. Provo comunque a mangiare la pagina di un libro e mi accorgo che col pensiero riesco a capire la lingua, ma non a parlarla. Faccio delle prove, ma ho la sensazione che le cose che penso non sono poi le cose che dico. Qua ho un’altra intuizione: vedendo la capra mangiare l’erba penso che forse dovrei mangiare l’erba anch’io, così possiamo capirci, potremo comunicare perché stiamo mangiando esattamente la stessa cosa. Quindi scendo dalla casa sull’albero, vado nel prato e mi metto a quattro zampe a mangiare l’erba come lei. Non ci capiamo comunque, non parliamo. A questo punto la capra inizia a suonare un flauto. La situazione accelera in maniera brusca, una serie di eventi si verificano in maniera frenetica, tutto aumenta di intensità. La capra suona il flauto in piedi, su due zampe, mentre io mi cospargo i capelli di una sostanza colorata, viola, porpora. Impasto i capelli di questa vernice. Il laghetto è giallo. Mi cospargo il corpo di una polvere arancione, braccia, petto, spalle, gambe, e mi immergo nel laghetto giallo, diventato molto denso. Anche la capra diventa più colorata. Mi sposto negli altri laghetti, di volta in volta, uno è verde, uno blu, uno viola, io divento sempre più colorato, euforico, mi riempio di colori che si mescolano tra loro, un po’ come durante la Holi Fest, la festa dei colori indiana, i movimenti sono sempre più veloci, mi sento bruciare, come se bruciassi di colore mentre anche la capra diventa sempre più colorata, sento come se vibrassi e tremassi, tutto diventa sempre più intenso, colorato e bruciante – e a
questo punto suona il gong del timer.
Considerazioni
Beh, che cazzo! Interessante sicuramente. Molto potente. Come sensazioni – ma anche come trama – è molto simile a un sogno, ma l’esperienza era più vicina a un mix di meditazione e trip da acido. Nella parte finale ero molto agitato, euforico, mi sentivo letteralmente “bruciare di colori” (e questo è molto da lsd). Le parti prima, quelle da videogioco e quelle con la capra e i libri, con tutti i loro simbolismi, fanno pensare più all’esperienza onirica. L’interpretazione non la faccio, ma posso dire che ho capito alcune cose su me stesso grazie a questo trip. L’obiettivo era trovare qualcuno a cui fare delle domande e io ho trovato questa capra con cui non riuscivo a comunicare. L’inizio non è stato difficile perché ho come abitudine fin da piccolo di crearmi un set dove andare a dormire. Da sveglio, quando metto la testa sul cuscino, immagino un ambiente dove stare, e lì avviene la transizione dalla veglia al sonno. Gli ambienti sono sempre molto simili e alcuni sono sempre gli stessi da anni, ad esempio una baita in montagna, un’astronave o un orto botanico chiuso in un pianeta desertico. Recentemente mi è capitato di vedere online un’immagine bellissima ed esclamare “ma questo è uno dei posti dove vado a dormire!”. Dunque l’inizio del trip è stato un po’ così, la situazione aereo che sorvola il deserto (e il deserto è uno dei miei set tipici, di solito c’è un rifugio, una base segreta sotterranea o qualcosa di simile) solo che, diversamente dalla notte quando devo dormire, qua c’era il sole e io stavo all’aperto (nei set per dormire sono sempre al chiuso e fuori ci sono ambienti naturali al buio), ma soprattutto mi muovevo, compivo delle azioni. La parte finale era talmente intensa da essere vicina al fastidio, ma anche piacevole, con forti scariche di adrenalina, proprio come l’acme di un trip allucinogeno. Chissà come sarebbe andata avanti se non fosse suonato il gong. Insomma bello, me lo sono segnato perché mi ha colpito in generale tutto il viaggiozzo, ma in particolare la parte di difficoltà di comunicazione con la capra e l’esplosione di colori.
2 risposte su “Arrampicandomi su una radice sospesa nel cielo incontro una capra dai capelli bellissimi”
Interessante questa tua capacità, mi viene di accostare questo trip ai sogni di Castaneda, solo che in quel caso i funghi davano una spinta notevole. Ma mi chiedo, come fai a non addormentarti?
castaneda mi piace ma ho letto solo il primo, gli insegnamenti di don juan, non ricordo la parte sui sogni. sul sonno, è interessante perché in effetti la modalità era molto simile a quella che uso per addormentarmi, ciò che cambia però è l’intenzione. cioè qua sapevo che non dovevo dormire, ma viaggiare. e in 20 minuti, a meno che tu non sia distrutto e stia morendo di sonno, è difficile che ti addormenti. aggiungo che sono abituato a meditare tutti i giorni, e la situazione era simile anche a quella, e anche lì non ci si addormenta. insomma ciò che conta secondo me è l’intenzione. in sostanza si tratta di una specie di “sogno lucido da sveglio”, anche se a differenza dei sogni lucidi c’è meno controllo da parte mia. sui funghi… io li apprezzo molto, un esperimento sarebbe un trip con queste modalità (queste riportate sopra) però con i funghi ho il sospetto che ci sarebbe il rischio di ossessionarsi su singoli particolari, cioè magari passi 20 minuti solo a vedere piante che cambiano forma in continuazione e a pensare quanto sono belle e colorate. verrebbe meno la parte “tramica” diciamo, quella simile al sogno. però proverò. nel frattempo consigllio a tutti/e il viaggiozzo senza sostanze. ah, ultima cosa, mi sono dimenticato di scriverlo nel post: prima di cominciare ho fatto un po’ di esercizi di respirazione, pochi minuti, insomma per rilassarmi, svuotare la mente, focalizzarmi meglio sull’intenzione.