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metro 2022

ingenuotto pensavo di starmene come sempre fuori dalle cose mondane, mettendomi a leggere un ormai vecchio (non per anno di pubblicazione, ma anche per sentimento, visione del mondo, genere letterario) e celebre romanzo russo di fantascienza, e invece, dato che “Metro 2033” di Dmitrij Gluchovskij parla di un’umanità che vive sottoterra nella metropolitana di Mosca dopo una catastrofe nucleare, a quanto pare anche questa volta ho chiuso la porta al mondo e il mondo l’ha sfondata a calci, facendo così fallire il mio approccio inattuale alla vita e trovandomi anzi ad aver scelto inconsapevolmente con chirurgica precisione il libro giusto al momento giusto. le pagine del romanzo, almeno fino a dove sono arrivato, potrebbero benissimo essere il telegiornale di domani, oppure di ieri, dato che a inizio conflitto erano state diffuse le immagini degli abitanti di Kiev che durante i bombardamenti si nascondevano nella metropolitana, considerata luogo sicuro anche perché è la più profonda al mondo, tra materassi, tende, lampade, esattamente come nel romanzo, in attesa di una escalation nucleare. nel frattempo Dmitry Glukhovsky, in seguito a un suo tweet contro la guerra, si è inimicato il governo russo, creando una strana connessione tra questa realtà e la realtà del romanzo. in tutto questo, l’altro giorno ero nella metro (non di Mosca, e nemmeno di Kiev) e pensavo al fatto che quelle italiane sono tutte uguali, cambiano pochi dettagli, i colori, in alcune qualche elemento architettonico, ma generalmente sono – forse anche giustamente – del tutto anonime, e lo so che ci sono le eccezioni che confermano la regola, come la linea n.1 di Napoli, ma quando si leggono le descrizioni delle stazioni di Mosca e si vanno a cercare le foto su internet si rimane abbagliati e viene da pensare che se davvero scoppiano i petardi e andremo a vivere nelle stazioni della metro, i russi vivranno in stazioni molto più belle, con lampadari spenti ma comunque magnifici, mosaici, statue, affreschi, cornici d’oro che non potranno brillare perché si vivrà nell’oscurità o alla luce fioca di lampade ad acetilene, come i minatori, insomma immersi in una bellezza invisibile, mentre noi saremo nell’anonimo buio di queste stazioni stile sala d’attesa dell’agenzia delle entrate, a sperare che la luce non torni e nella speranza di dimenticare il grigiore della vita com’era, finalmente sottoterra e al buio, invidiosi di chi ha avuto la fortuna di adattarsi al nuovo mondo radioattivo e diventare un mutante.

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