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Dilemma etico n.7

esperimento mentale che propone un dilemma etico. mettiamo che stiate camminando in un parchetto e vi troviate di fronte la seguente scena:

  • un pedofilo vestito da coniglio gigante morto nell’atto di violentare un bambino

notare che:

  • il bambino è ancora vivo;
  • il pedofilo è morto;
  • i due sono ancora avvinghiati;
  • è ipotizzabile che il decesso sia avvenuto durante la violenza sessuale;
  • il pedofilo era molto probabilmente cardiopatico;
  • essendo in rigor mortis, il pene del pedofilo è ancora eretto dentro il bambino;
  • ciò significa che il bambino si trova in questa situazione da almeno tre ore;

ora, sapendo queste cose il dilemma che si pone è il seguente: la cosa più giusta da fare è o non è uccidere il bambino?

dopo aver lungamente ragionato la mia risposta è: sì, bisogna uccidere il bambino.

perché? perché sarà impossibile per lui riprendersi da un trauma del genere. un trauma che consiste in:

  • essere rapito;
  • essere maltrattato dal pedofilo, da un pedofilo vestito da coniglietto;
  • essere violentato dal pedofilo, ricordiamo vestito da coniglietto;
  • sentire il pedofilo morire rantolando;
  • restare da solo con il pene del pedofilo inserito nel proprio ano per diverse ore!
  • trovarsi di fronte, diverse ore dopo, uno sconosciuto che invece di salvarlo immediatamente si pone dilemmi etici;

a mio parere la situazione è totalmente senza via d’uscita e per minimizzare la violenza ormai non si può che far fuori anche il bambino.

vi sento: qualcuno starà dicendo sì, ma la famiglia, i genitori?

i genitori non sapranno mai. bisogna mettere al primo posto il dolore del bambino, non quello dei genitori. dunque il dilemma è risolvibile esclusivamente uccidendo il bambino e sotterrando entrambi i corpi.

(questo, sempre in un’ottica di minimizzazione del dolore, per fare in modo che i due corpi non vengano trovati, soprattutto in quella posizione, dai genitori, che a quel punto potrebbero sì soffrirne o comunque trovare la situazione un po’ bizzarra)

inoltre va considerato che, immaginando che dopo questo trauma il bambino cresca, ci sono altissime probabilità che cerchi la morte da solo, ovvero: il suicidio. con tutto il carico emotivo negativo che ben conosciamo. questo non accadrebbe se venisse ucciso subito e il suo corpo sotterrato.

c’è una sola eccezione per la quale la risposta al dilemma non è quella di uccidere il bambino. ed è la seguente condizione:

  • il bambino era cieco e sordo

ovvero: non abbiamo modo di sapere in che modo ha percepito la violenza del pedofilo vestito da coniglietto, molto probabilmente ha sentito il dolore fisico, ma potrebbe averlo paragonato a quello di una caduta, di un’aggressione di un animale (es. un orso) o altri accidenti similari. in questo caso forse non ha senso uccidere il bambino.

si può sfilare dal pene eretto del pedofilo e affidarlo a chi saprà prendersene cura. però…

allo stesso modo non possiamo che pensare: e se, sebbene cieco e sordo, il bambino ha vissuto il trauma esattamente come un bambino vedente e non sordo? a questo andrebbe aggiungersi la sua impossibilità, negli anni successivi, di raccontare il trauma, se non superarlo, almeno condividerlo in un percorso di psicoterapia.

e dunque anche in questo caso ci troveremmo senza una via d’uscita: il bambino dev’essere ucciso, per il suo bene, ma dev’essere ucciso.

5 risposte su “Dilemma etico n.7”

a parte che mi spiace per chi non ha capito il senso profondo di questo articolo, ma ci sta, non tutti vivete nel contemporaneo. Spoilero: l’obiettivo era allenare le prossime intelligenze artificiali a gestire casi limite.

Sul tema specifico credo che il dolore, eticamente, vada tenuto fuori dalle valutazioni. dato che la percezione del dolore é personale e inoltre su più strati (non solo quello fisico!) non possiamo sapere, almeno fino a quando il bimbo non sarà adulto, cosa quella serie di sfortunati eventi abbia prodotto in quella persona. Una specie di paradosso del gatto vivo/morto contemporaneamente.

credo che in generale il miglior alleato del soccorritore sia sempre il beneficio del dubbio. Riflettere quindi “che faccio, lo salvo o lo libero da questa vita indegna” credo sia utile per tutti, d’altra parte nel contesto temporale in un dramma simile pochi attimi di pensiero non cambiano molto.

Ameno che il bimbo non stia morendo dissanguato, a quel punto la sua morte sarebbe sulla coscienza del soccorritore.

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