Wire, cramps, xtc, white stripes, clash, david crosby, tom waits, ozzy osbourne, brian wilson, david byrne, neil young, johnny cash, beth gibbons, skip spence, elvis costello, e poi un sacco di canzoni italiane anni 60/70 (ma non i cantautori): tutta musica che ho ascoltato, comprato o scaricato perché me lo diceva lui.
poi i film, ovviamente moltissimi libri, e anche cocktail. per anni mi diceva di ascoltare, leggere o bere una cosa e io lo facevo. avevo 17 anni quando praticamente mi obbligava a scrivere. non faceva mai complimenti, mi diceva solo di scrivere, e io lo facevo. anche perché se no mi minacciava.
di solito ci si vergogna un po’ delle cose scritte in gioventù. io no, forse anche perché avevo lui come editor.
un salto nel tempo, qualche anno fa, a un festival di letteratura a cui incredibilmente ero ospite. alla stazione mi viene a prendere un giovane con l’auto elettrica, uno dell’organizzazione. nel tragitto parliamo, gli chiedo se ha conosciuto scrittori famosi o che si credono famosi, così, nella speranza di scoprire qualche aneddoto curioso, ma resto deluso. il giovane non era rimasto stupito da nessuno, anzi sì, da una sola persona.
se lo ricordava come divertente e soprattutto molto gentile.
“è molto educato, non come altri”
“io lo conosco”
“davvero? arriva domani”
“purtroppo non lo vedrò. me lo puoi salutare?”
“va bene, cosa gli dico?”
e qua non mi ricordo bene. so solo che volevo essere originale e credo di avergli detto di riferirgli che era un vecchio di merda, così, per ridere. chissà se quello poi l’ha fatto davvero. forse no.
un salto indietro: andavo all’università, o meglio non ci andavo. mi drogavo e mi innamoravo, poi prendevo treni notturni e finivo a roma a casa sua. lui mi prendeva in giro per com’ero vestito ma allo stesso tempo mi accoglieva come un ospite d’onore, come credo facesse con tutti. ricordo gin tonic preparati secondo un metodo scientifico, che mi spiegava passaggio dopo passaggio, pranzi e cene eccellenti, film visti insieme sul divano intervallati da marlboro rosse, che a me servivano un po’ per darmi un tono, ma per lui erano normale amministrazione.
una volta mi portò a una cena ai parioli in casa di 30/40enni borghesi, e lui sfotteva tutti, me compreso, con grande eleganza. mi prendeva per il culo perché a una cena così io indossavo un pigiama. ed era vero, la parte di sopra era davvero un pigiama che io trovavo molto chic. lui ci teneva molto allo stile, ma pure io, a modo mio.
un’altra volta, altro treno notturno, parto da casa in pieno inverno febbricitante, ridotto davvero malissimo. arrivo a casa sua e vengo immediatamente soccorso: letto comodo (cioè senza coinquilini e amici tossici intorno), coperte, tisane calde, sonno ristoratore, film da vedere sul divano. mi sembrava di essere morto ed essere arrivato in paradiso. “puzzi” mi aveva detto.
all’epoca casa sua per me era come un ospedale pieno di libri e cd.
per almeno un decennio, ma forse anche di più, commentava ogni mia uscita pubblica con la frase “zitto mp”. qualsiasi cosa dicessi, scrivessi o facessi. zitto mp. spesso era proprio lui a chiedermi di scrivere, ma poi: zitto mp. però leggeva sempre.
poi per qualche anno, in verità parecchi, non abbiamo quasi avuto contatti. così diventò un amico di internet e di treni notturni scomparso dai radar. beh, non del tutto. ovviamente lo leggevo, leggevo i suoi libri, i suoi post, ma non sempre glielo dicevo. cose che capitano, e la maggior parte delle volte senza motivo. pensavo: un giorno ci rivedremo.
e ci siamo rivisti, ma in webcam, un anno fa, di nuovo a parlare di libri e di scrittura. lui era sempre bravissimo a prendermi per il culo ma anche disponibile ad aiutarmi in un momento di difficoltà.
(va detto che “momento di difficoltà” riassume la mia intera esistenza fino ad oggi).
questa cosa la ripeto perché è importante: era davvero un momento di merda per me, non so come l’avesse saputo, ma si era dimostrato ancora una volta molto gentile e sensibile. non era scontato e non mi era dovuto. a dire la verità nemmeno me l’aspettavo. non me lo ricordo, ma spero almeno di averlo ringraziato.
(se non l’ho fatto, ora mi sa che è troppo tardi.)
certo, non era come vedersi dal vivo, ma era bello parlare attraverso lo schermo, a volte di singole parole o di una virgola che forse non andava in quel punto ma un po’ più avanti. cose che per lui erano questioni importanti. come un cocktail fatto bene.
e va bene, si dirà che la vita è così. ed è vero, lo so, lo sappiamo e scommetto che lo sapeva anche lui. ma siccome non considero la famiglia solo un fatto di sangue, lo metto tra i miei antenati, pronto a essere evocato ogni volta che sentirò un certo disco, leggerò un certo libro, sentirò fare una certa battuta, berrò un certo gin tonic.
bonus malinconia: non volevo essere malinconico, perché non lo sono davvero, però devo riportare anche questa cosa. dopo aver saputo della sua morte mi sono andato a leggere un po’ di mail che ci eravamo scambiati.
ce n’è una dove lui mi aveva mandato una cosa che aveva scritto (strano perché non lo faceva mai: sapeva che gli altri lo leggevano, non c’era bisogno di chiederlo) e io a mia volta una cosa che avevo scritto io. ci scambiamo complimenti, o meglio, lui mi insulta come sempre, io gli faccio i complimenti (però mi dice anche “sei bravo”).
per curiosità ho cliccato sui link per vedere di cosa si trattava ma non sono più disponibili. sono scomparsi. non saprò mai di cosa parlavamo. questa credo sia l’impermanenza: le cose scompaiono, resta il ricordo, e a un certo punto il ricordo del ricordo. anche questa è la vita, mi si dirà. sì ok, ma.
2 risposte su “Salutava sempre”
Lo conobbi relativamente a Gianfranco Marziano e poi, più avanti, in un locale fighetto de sinistra ebbi modo di parlarci. Avevo conosciuto il tuo blog dal suo e per fare il brillante tirai fuori il tuo nome.
Non ricordo bene però ebbi l’impressione che facesse finta di non capire. Più probabilmente voleva non essere infastidito da uno sconosciuto molesto con un bicchiere di gin in mano. Ora ho un piede ingessato
Un saluto
anche io quando mi chiedevano di lui facevo finta di non capire (non è vero). grazie per il ricordo, mi dispiace per il piede.