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Se c’è una cosa che ha stancato è la rappresentazione pessimista del contatto alieno, soprattutto al cinema. Il contatto è visto quasi sempre come un’occasione di minaccia o di conflitto. Gli alieni di solito sono cattivi, e se non lo sono loro allora lo sono gli umani: insomma, di sicuro le cose andranno male. Oppure sono esseri incomprensibili e quindi non si riesce comunque a fare amicizia. I film dove gli alieni sono simpatici e collaborativi si contano sulle dita di una mano, e quando esistono spesso vengono confinati nel regno della commedia e dell’animazione per bambini, a dimostrazione che l’ipotesi non viene presa sul serio. Ma perché non immaginare storie in cui il contatto con una civiltà aliena rappresenta una reale occasione di crescita, scambio culturale e reciproco miglioramento? Trame in cui gli alieni non sono solo avversari o incomprensibili enigmi, ma amici e fratelli.
Credo sia così per vari motivi. Intanto il conflitto, il maledetto conflitto, è da sempre un motore narrativo. Le storie devono avere conflitto: due persone che si incontrano o si innamorano o fanno la guerra. Non è previsto che accada altro, se non molto raramente. Questo garantisce tensione e azione, e storie tutte uguali. Poi c’è ovviamente il fatto che la fantascienza riflette sul reale, sui temi sociali e politici. Dopotutto quando una parte dell’umanità ha scoperto degli alieni sul proprio pianeta, anno 1492, cosa ha fatto? Ha deciso di farci amicizia e inaugurare un’era di fratellanza? Non esattamente. Guerra, genocidio, violenza, sfruttamento, schiavitù. E poi la mania per la distopia. Tutto è distopia, distopico, distopicazzo. Scenari cupissimi influenzati da paure reali, da un continuo sottolineare quanto fa schifo il mondo: ma l’abbiamo capito, ce l’avete detto migliaia di volte, l’abbiamo capito davvero. Che senso ha fare ancora le città come quelle di Blade Runner? Perché non si rappresenta mai qualcosa di completamente diverso, cioè l’idea che, per citare un vecchio slogan, un altro mondo è possibile, che altre idee sono possibili?
E invece siamo bloccati nella distopia, figlia dell’era capitalista, in cui non si riesce a immaginare altro. E quindi gli alieni ostili diventano i simboli di minacce che l’umanità deve affrontare, e il problema del contatto con loro riflette le preoccupazioni globali e i dilemmi esistenziali. Sicuramente andrà tutto male, vedrai, perché gli alieni sono o cattivi o complicati e noi umani delle bestie violente sempre pronte alla guerra. È sempre stato così e quindi sarà sempre così. È un pensiero limitato e in qualche modo confortante perché poi ci affacciamo alla finestra e vediamo che le cose in buona parte sono così e siamo contenti di avere ragione. Ma le cose sono proprio così?
Mi vengono in mente i polpi. A volte gli alieni sono stati rappresentati come polpi e i polpi sono stati definiti in un certo senso alieni per la loro strana intelligenza. Ma a parte i pescatori, la maggior parte degli esseri umani quando incontra un polpo che fa? Io ne ho visto diverse volte e non ho mai tentato di ucciderli, né loro hanno tentato di uccidere me. C’è perfino un bellissimo documentario, My Octopus Teacher, dove un tizio stabilisce un rapporto di amicizia con un polpo. Oppure penso ai cani: ok, sono mammiferi come noi e sono molto sociali, ma per il resto sono animali completamente diversi. Eppure ci andiamo d’accordo, c’è una lunga storia di coevoluzione umani-cani, ci viviamo assieme, ci scambiamo gesti d’affetto, ci giochiamo, comunichiamo. Praticamente quasi un rapporto di simbiosi. Perché non dovremmo farlo con un alieno? Alla scienza e alla fantascienza piace pensare che gli alieni siano creature totalmente lontane da noi, come le piante. Ma anche con le piante la maggior parte di noi ha un rapporto di coesistenza pacifica. Ce ne prendiamo cura, le guardiamo, c’è perfino chi ci parla e un mio amico mi ha detto che a lui le piante danno quanto un animale domestico. E se gli alieni fossero piante? Non potrebbero essere i nostri fratelli e le nostre sorelle? O tornando ai mammiferi: il mio gatto è per buona parte del tempo misterioso e incomprensibile, eppure sento che abbiamo un rapporto, uno scambio, e viviamo praticamente in simbiosi – a volte addirittura ci scaldiamo a vicenda. E i gatti sono un po’ alieni. C’era anche il film della Disney, Il gatto venuto dallo spazio.
Insomma ok, c’è la deforestazione, molti animali vengono uccisi, macellati e mangiati, ma buona parte delle persone non fa niente di tutto questo e ci vive pacificamente. Questo significa che rapporti di scambio e rispetto tra esseri diversi sono possibili e già esistono. Mentre nelle opere di finzione questo sembra praticamente impossibile.
Ma immaginiamo gli alieni più simili a noi umani, sociali e tecnologici. Si potrebbe immaginare una fratellanza e amicizia con gli alieni basata su un rapporto fondato sulla curiosità reciproca, la comprensione e la cooperazione. E non solo nel nome del comunismo, come volevano i Men in Red di Ufologia radicale. Non ci dovrebbero essere solo scambi culturali, politici e tecnologici, ma anche emotivi e spirituali. Senza che questo significhi per forza sterminio e distruzione, come in Avatar. Non si tratterebbe solo di un esercizio narrativo controcorrente, ma di un’opportunità per immaginare mondi alternativi che ci incoraggino a ripensare il nostro posto nell’universo. Se un alieno ha sette sessi diversi in continua evoluzione secondo schemi apparentemente random e non conosce il concetto di autorità e gerarchia, non sarebbe un’amicizia proficua? Un contatto così radicale potrebbe rappresentare un’occasione per espandere la nostra comprensione del possibile, offrendo una prospettiva completamente inedita sull’universo e su noi stessi.
Pensare a quello che già succede sul pianeta, ad esempio con le famose tribù non contattate (dagli occidentali, si intende) o appunto con gli altri animali, ad esempio i pesci, non serve, è limitato: siamo sempre dentro il quadrato, dentro il “era così, è così adesso e quindi sarà sempre così”. Sempre fermi alla guerra di tutti contro tutti di Hobbes che giustifica lo stivale della polizia/esercito/stato. Perché gli altri sono sicuramente delle merde e probabilmente lo sei anche tu.
Forse una tendenza che un po’ si differenzia da questo genere è il solarpunk, dove si immagina un possibile futuro armonioso pieno di orti e pale eoliche, ma non lo conosco abbastanza e non so se ci sono racconti dove si parla anche di amicizia con alieni e cooperazione interspecie. In più mi sembra che l’eccessiva fiducia nella tecnologia che risolve tutto sia anche quella una visione limitata e molto a rischio di riassorbimento nel capitalismo, ovviamente verde. Ma questo è un altro discorso.
Ovviamente, chiunque potrebbe obiettare che le storie pessimiste, fatte di invasioni terribili e guerre, siano semplicemente più avvincenti. Ma questo accade perché non abbiamo avuto abbastanza alternative che esplorino scenari diversi. Libri ma soprattutto film si sono concentratati quasi esclusivamente sulla paura dell’ignoto, sulla minaccia e sul conflitto, creando un immaginario collettivo noioso e ripetitivo. Di storie diverse ne sono state raccontate pochissime: non è che sono meno avvincenti, è che praticamente non esistono. Immaginare qualcosa di diverso è più faticoso ma molto più stimolante. E anche più scomodo per il sistema: che le persone siano in grado di immaginare di poter vivere senza paura, in armonia, cooperando con gli altri – altri nel senso più esteso del termine – senza bisogno di autorità, del presidente degli stati uniti e degli eserciti, è un’idea pericolosa. E invece mantiene lo status quo l’idea che autorità, stati ed eserciti siano necessari per difenderci da ipotetiche minacce, come se non potessimo vivere senza. Quindi non solo alieni cattivi: ma anche un’umanità senza speranza, incapace di coesistere con altre specie, soprattutto se provenienti da altri pianeti.
Per una filmografia del contatto positivo: Incontri ravvicinati del terzo tipo, Contact, in un certo senso 2001 (alieni enigmatici e perfino assenti, ma il contatto è positivo), forse Cocoon, Il pianeta verde, e soprattutto tantissime puntate di Star Trek, in particolare Star Trek TNG, dove c’è perfino la Federazione dei pianeti uniti, e sono davvero tanti gli episodi dove proprio l’amicizia tra specie molto diverse, magari dopo un’iniziale diffidenza, è un modello di comprensione e collaborazione.
L’immagine sopra è un poster che ho avuto nella mia camera per tutta l’infanzia/giovinezza e che forse, assieme alla visione di Star Trek, mi ha un po’ influenzato.