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Come vestirsi se arrivano gli alieni

Immaginate questa scena: è mercoledì, siete in cucina e state preparando gli spaghetti aglio e olio per la cena mentre ascoltate gli Autechre, quando all’improvviso dalle finestre si fanno strada intense luci abbaglianti. Sentite dei suoni indecifrabili e inizialmente pensate sia la musica, ma poi abbassate il volume e capite che vengono da fuori. Spinti dalla curiosità, ancora con il mestolo in mano, uscite in giardino e assistete a un evento straordinario: un’astronave è atterrata sul prato davanti a voi. Dalla navicella emergono figure misteriose che vi osservano attentamente. Sono gli alieni.

Ora: che fate?

Molte persone, inspiegabilmente, chiamerebbero i carabinieri. Ma perché un evento così dovrebbe essere gestito dalle cosiddette forze dell’ordine? Perché chiamare un branco di persone qualunque armate di pistole, noti per essere impreparati, impulsivi e spesso brutali? In un mondo ideale le forze di polizia non dovrebbero nemmeno esistere e anche in questo mondo, non solo in quello ideale, andrebbero semplicemente abolite. Ma so che è un discorso lungo. Restiamo sugli alieni. Veramente chiameresti i carabinieri in caso di un incontro ravvicinato?

Nei film è sempre così: la situazione viene immediatamente gestita dall’esercito, cioè dallo Stato. Arrivano elicotteri, camionette, dei cretini vestiti da soldati, si isolano aree con il filo spinato e i civili vengono allontanati in tutti i modi. Il messaggio che passa è che lo fanno per proteggere. Ma chi da chi? In realtà lo fanno perché lo Stato ha il monopolio della violenza e vede tutto ciò che potrebbe cambiare lo Stato stesso come una minaccia. Un contatto alieno potrebbe radicalmente cambiare le cose e quindi gli alieni sono una minaccia e un possibile contatto pacifico con i civili rappresenta una super minaccia. In pratica lo fanno per proteggere se stessi.

A seconda di dove vivete alcune guide consigliano di contattare le università (immaginate, è l’ora di cena e chiamate la segreteria di una università dicendo che avete un alieno in giardino), le agenzie spaziali (non esiste solo la NASA), il SETI (che ha il Seti Post Detection Hub, il centro di post-rilevazione del Seti, pensato proprio in caso di contatto) e perfino le associazione di ufologi. Ma a quel punto chiamiamo anche i carabinieri, perché no, magari il maresciallo è un appassionato di linguistica e sa comunicare con gli alieni. O la forestale, dopotutto abbiamo visto quanto sono bravi con gli orsi.

Secondo me, se gli alieni si presentano nel giardino di casa, stanno cercando un contatto con la popolazione comune. Con chiunque. E allora chiunque ha il diritto di gestire il contatto in maniera pacifica. Se una reazione isterica è giustificata dalla paura dell’ignoto (e in effetti c’è gente che chiama gli sbirri perché “ho sentito uno strano rumore”, per non parlare di quelli che sparano direttamente) è perché si vive immersi nella paranoia e nella costante paura dell’altro e di quello che non si conosce.

Chi avrebbe il diritto di rappresentare l’umanità in un incontro con alieni? Il contatto alieno dovrebbe riguardare tutti, non l’esercito e due o tre scienziati illuminati scelti come rappresentanti di otto miliardi di abitanti (più gli animali).

Se gli alieni decidono di contattare persone qualunque e non istituzioni, perché se ne dovrebbero occupare le istituzioni? Dopotutto, che ne sanno gli alieni di cosa sono le istituzioni? Dove vanno, al ministero? All’agenzia delle entrate? Chiedono di parlare col direttore? No, potrebbero andare ovunque e da chiunque. E quindi bisogna essere preparati, non avere paura, presentarsi bene. Ecco il perché del titolo di questo post.

Intanto, è bene vestirsi comodi. Questa è la risposta a ogni guida su come vestirsi in occasioni specifiche. Comodi.

Poi forse sarebbe il caso di avere dei materiali impermeabili. Magari gli alieni per comunicare, o anche involontariamente, potrebbero emettere liquidi o sostanze sconosciute. Niente stronzate tipo maschere antigas o mascherine però. Niente paranoie.

Meglio adottare una postura rilassata: mostrare calma e apertura riduce il rischio di incomprensioni. Eventualmente si può fumare e anche offrire dell’erba.

Meglio scarpe chiuse, ma questo è opzionale. Se volete avere il vostro primo contatto a piedi nudi siete liberi di farlo.

Niente guanti: in caso di stretta di mano potrebbero pensare che siete fatti di un altro materiale. È molto più onesta una stretta di mano pelle contro pelle.

Evitare simboli aggressivi, come colori militari o qualsiasi altra cosa che potrebbe essere considerata ostile (le maglie a pois, ad esempio, o il pizzetto da carabiniere).

Evitare anche profumi forti: gli alieni potrebbero avere un senso dell’olfatto molto sensibile. Consentito e giustificato l’odore di aglio, visto che stavate cucinando gli spaghetti. Potrebbero perfino apprezzarlo. Anzi potreste provare a invitarli in cucina per mangiare con voi.

Se gli alieni hanno occhi (o l’equivalente funzionale), potrebbe essere utile cercare di incontrare il loro sguardo, ma senza fissarli troppo a lungo. In molte culture umane, e anche con certi animali, lo sguardo prolungato è visto come una sfida, quindi meglio iniziare con brevi occhiate e aspettare di capire come reagiscono. Non fate foto o video con il telefono: può essere interpretato come un’arma (e non avrebbero tutti i torti).

Considerate anche che potrebbero avere dimensioni molto diverse da noi: potrebbero essere alti pochi centimetri oppure trenta metri, quindi rapportarsi con loro potrebbe non essere semplice. Qui diventa importante il tema dell’accessibilità: bisognerebbe rendere la propria cucina agibile sia per essere minuscoli sia per esseri giganteschi (valutate di eliminare il tetto). Importante anche evitare l’antropocentrismo o peggio comportamenti paternalistici verso alieni più piccoli o atteggiamenti timorosi verso quelli più grandi.

Un modo di interagire potrebbe essere quello di giocare. Con molti animali funziona. Il gioco non richiede necesseriamente un linguaggio complesso, funziona molto per imitazione, e permette di esplorare e sperimentare senza la pressione di una comunicazione perfetta (a patto di effettuare sempre movimenti lenti). Certo, non intendo cose tipo backgammon o scacchi, ma ad esempio si può far rotolare una palla, cosa che può essere molto divertente soprattutto dopo aver fumato.

Un’altra cosa che potete fare, visto che stavate ascoltando gli Autechre, è cercare di comunicare con la musica, come in Incontri ravvicinati del terzo tipo. Anche se dipende dal pezzo: alcuni potrebbero essere interpretati come ostili.

Ovviamente non è giusto che sia un’esperienza individuale: le cose belle vanno condivise. Quindi potreste chiamare qualche amico e i vicini di casa e presentargli gli alieni, magari mangiare tutti insieme gli spaghetti aglio e olio e fare un ascolto collettivo con una playlist preparata per l’occasione.

E appunto: oltre ad avere i vestiti giusti, è bene preparare una playlist per il contatto ravvicinato. Può essere qualcosa di rappresentativo dell’umanità come il disco d’oro spedito nello spazio nel 1977 nelle sonde Voyager (ma potrebbero averlo già sentito, e poi non è molto aggiornato), oppure anche cose più recenti. Che musica si potrebbe mettere in caso di contatto alieno? Queste sono le domande su cui mi arrovello per giornate intere.

Ancora: può essere utile creare un manuale base di comunicazione non verbale con entità sconosciute. Ci si potrebbe incontrare tra amici e vicini di casa una volta a settimana, tipo club del libro, per stabilire le modalità di comunicazione in caso di contatto, includendo studi di xenolinguistica, psicologia, semiotica, beatboxing, antropologia, zoologia, musica, informatica, punto croce (c’è una piccola possibilità che gli alieni comunichino così).

Ciascuno avrebbe un ruolo: tu sai parlare in binario, tu cucini gli spaghetti, tu impari il codice morse, tu fai la playlist, tu provi a comunicare facendo beatboxing. Se intuiamo che gli alieni gradiscono la compagnia si può estendere l’invito anche al resto del vicinato, a eventuali passanti, agli abitanti del nostro paese o città di tutti i colori e le etnie, compresi i bambini. I bambini dovrebbero assolutamente avere il diritto a un contatto ravvicinato con gli alieni. Ma questo è solo il primo passo.

Una volta familiarizzato, si dovrebbe capire se gli alieni hanno bisogno del nostro aiuto. Sappiamo dall’esperienza umana che a gesti più o meno ci si capisce ovunque, anche dove non si parlano le solite due o tre lingue tipo l’inglese o l’inglese o l’inglese. Cercare di capire i loro bisogni è il secondo passo in caso di contatto.

Devono mangiare? Devono ricaricare le batterie dell’astronave? Devono farsi una doccia? Hanno freddo, hanno caldo? Hanno bisogno di un ambiente più umido?  Capire quali sono i loro sensi prevalenti ci aiuta ad aiutarli. Gli alieni potrebbero essere adattati a condizioni ambientali completamente diverse dalle nostre. È fondamentale capire i loro bisogni fisiologici e quelli emozionali, come faremmo se un animale selvatico apparisse nel nostro giardino chiedendo il nostro aiuto (se non cerca un contatto ovviamente va semplicemente evitato). Solo con una preparazione adeguata saremo in grado di stabilire un contatto positivo e rispettoso, riducendo al minimo il rischio di incomprensioni o conflitti.

E in nessuna occasione, per carità, vanno chiamate i carabinieri. Manco se gli alieni, dopo aver fumato e bevuto, iniziano ad essere invadenti, a toccare tutto, a rubare oggetti in casa per stiparli nell’astronave. Lasciateli fare. Cercate di farli ragionare, siate gentili, se proprio mettono le mani addosso allora si vedrà che fare (ma non chiamate i carabinieri). Ma tutto questo non capiterà. Perché dovrebbero aver fatto tutta questa strada per venirvi a rubare il televisore? E poi se è così, si vede che gli serve. Io glielo lascerei. Ma ripeto: non succederà. Al 99% saranno pacifici e curiosi, al massimo un po’ confusi e spaventati, come potremmo esserlo noi, e proprio questo potrebbe aiutarci a empatizzare.

La loro eventuale confusione e spaesamento potrebbero essere un’opportunità per costruire un ponte di comprensione reciproca. Pensateci: non è forse proprio nella vulnerabilità che si trovano i punti di contatto più sinceri? Se vedete che sembrano smarriti o completamente su di giri, mostrate pazienza e comprensione, come fareste con un turista che non parla la vostra lingua, con un fattone in bad trip o con un animale curioso ma cauto.

PER CARITA’ NON CHIAMATE I CARABINIERI.

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